Il re pastore di Wolfgang Amadeus Mozart in scena al Teatro La Fenice di Venezia

Il re pastore di Mozart
al Teatro La Fenice


A pochi giorni dal debutto del Sogno di Scipione, la Fenice presenta il nuovo allestimento di un altro gioiello di Wolfgang Amadeus Mozart di rara esecuzione: Il re pastore, dramma per musica in due atti, su libretto di Pietro Metastasio, che il musicista compose su commissione dell’arcivescovo Colloredo per celebrare la visita a Salisburgo dell’arciduca Massimiliano nel 1775.

L’opera, proposta in una inedita messinscena con la regia di Alessio Pizzech, le scene di Davide Amadei, i costumi di Carla Ricotti e il light design di Claudio Schmid, sarà affidata alla direzione musicale di Federico Maria Sardelli, alla guida dell’Orchestra del Teatro La Fenice.

La prima di venerdì 15 febbraio alle ore 19.00 al Teatro La Fenice sarà trasmessa in diretta Rai Radio3. Seguiranno quattro repliche: il 17, 21, 23 e 27 febbraio 2019.

Il re pastore è la decima opera di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), composta fra marzo e aprile 1775, all’età di diciannove anni. È un lavoro d’occasione, commissionatogli dal suo ‘datore di lavoro’, l’arcivescovo Hieronymus Joseph Franz de Paula Colloredo, il quale desiderava allietare con nuove composizioni musicali la visita a Salisburgo dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo-Lorena, l’ultimogenito dell’imperatrice Maria Teresa di passaggio nel principato durante il viaggio da Vienna verso l’Italia. La prima rappresentazione assoluta del Re pastore si svolse il 23 aprile 1775, nella Rittersaal del Residenz-Theater, la residenza arcivescovile. Probabilmente ebbe luogo in forma di concerto, senza o con un minimo apparato scenico, e con il celebre castrato Tommaso Consoli impegnato nel ruolo principale di Aminta.

Il libretto è un dramma allegorico-pastorale, scritto nel 1751 da Pietro Metastasio su richiesta di Maria Teresa: originariamente in tre atti, fu rimaneggiato per la nuova versione di Mozart con interventi anche da parte dell’abate Giambattista Varesco, poeta ‘locale’ nonché futuro librettista di Idomeneo, e ridotto a due atti. La trama è volta a mettere in luce la grandezza e la clemenza di Alessandro Magno, come implicito omaggio, in questo caso, all’arciduca Massimiliano.

Racconta una delle azioni più ‘luminose’ del re di Macedonia: la liberazione del regno di Sidone dal tiranno Stratone, e la magnanima decisione di Alessandro di non mantenerne il dominio, ristabilendo invece su quel trono l’unico rampollo della legittima stirpe reale, vale a dire Aminta, il quale, ignaro delle sue vere origini, conduceva una vita da pastore nella campagna limitrofa alla città. Questa narrazione ‘storica’ fa da sfondo alle vicende amorose dello stesso pastore Aminta con la nobile Elisa, e di Agenore, amico e confidente di Alessandro, con la principessa fuggitiva Tamiri, colpevole solamente di essere figlia dell’usurpatore. L’immancabile lieto fine si compie nel tripudio delle due coppie di amanti e nella gioia dell’illuminato Alessandro, che predice lunga felicità al trono del re pastore.

«Aminta, che diviene re, rappresenta l’elaborazione di un potere democratico – spiega il regista Alessio Pizzech –. Sembra dire a se stesso: “Posso diventare sovrano, ma solo a patto di conservare la mia dimensione di pastore. Se mantengo cioè viva e integra la mia etica e la mia interiorità”. Ne deriva una figura di politico che dialoga con se stesso, e che non può né vuole rinunciare al proprio passato. Di conseguenza, prendere decisioni gli costa una grande fatica. L’idea di fondo è che possedere e gestire il potere non è facile né deve esserlo. Aminta prende progressivamente coscienza che dalla propria felicità dipende anche quella degli altri. Siamo perciò di fronte a un nuovo potere, complesso e non più assoluto come quello incarnato da Alessandro: dietro il monarca spunta l’uomo».

Dopo aver affrontato Il sogno di Scipione, Federico Maria Sardelli dirige ora Il re pastore, e così illustra le differenze tra le due partiture: «Mozart nel Re pastoreinserisce delle pennellate straordinarie, facendo uso di strumenti obbligati come il violino solo, i corni inglesi, i fagotti, i due flauti che in un’aria fanno quasi la parte dei solisti… È un’opera stupefacente, che con il medesimo organico del Sogno di Scipioneriesce a creare una tavolozza di colori musicali enormemente più ampia. Dal punto di vista strutturale, presenta le caratteristiche di un dramma serio della maturità, con un numero maggiore di recitativi accompagnati (nello Scipionece n’è uno solo, verso la fine) a spezzare l’alternanza recitativo/aria. Nel suo insieme, la musica è più mossa, dinamica e contrastata, e mette in luce con maggiore chiarezza le sfumature e le sfaccettature del testo di Metastasio».

La prima esecuzione del Re pastoreriscosse successo, ma non ebbe seguito. Nonostante la critica l’abbia spesso annoverata tra i lavori minori del salisburghese, è indubbio che per Mozart quest’opera avesse un valore particolare: ne è prova il fatto che inviò copia della partitura in visione allo stimato collega e amico praghese Josef Mysliveček; che trasformò l’ ouverturee l’aria di apertura «Intendo amico» di Aminta nella parte principale di una sinfonia strumentale (la kv213c); e che dedicò quattro arie per soprano alla sua amata Aloysia Weber, sorella della futura moglie Constanze.

Il cast vedrà impegnati da Juan Francisco Gatell nel ruolo del re di Macedonia, Alessandro; Roberta Mameli sarà il re pastore, Aminta; Elisabeth Breuer interpreterà il ruolo Elisa, nobile ninfa di Fenicia; Silvia Frigato quello della principessa fuggitiva Tamiri; mentre Francisco Fernández-Rueda sarà Agenore, l’amico e confidente di Alessandro Magno.

Maestro al cembalo e continuo Roberta Paroletti, violoncello continuo Alessandro Zanardi.

Il re pastoresarà in scena al Teatro La Fenice, con sopratitoli in italiano e in inglese, nei giorni di venerdì 15 febbraio 2019 ore 19.00 (turno A), domenica 17 febbraio ore 15.30 (turno B), giovedì 21 febbraio ore 19.00 (turno E), sabato 23 febbraio ore 15.30 (turno C) e mercoledì 27 febbraio ore 19.00 (turno D).


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