I mille volti del "Lago dei Cigni"

SFUMATURE DA UN CAPOLAVORO

di Michele Olivieri


Nel 1877, per la prima volta in assoluto, venne portato in scena Il Lago dei Cigni al Teatro Bolshoi di Mosca con le coreografie firmate da Ijly Reisinger, il libretto di Vladimir Petrovic Begicev insieme a Vasil Fedorovich Geltser e le musiche di Pëtr Il'ič Čajkovskij (versione creata per il Balletto dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo) senza ottenere grande successo.

Due anni dopo, venne rielaborato dalla coppia di coreografi Lev Ivanov e Marius Petipa, che per l’occasione superarono la loro rivalità e si divisero la ristesura della coreografia: Lev Ivanov curò i cosiddetti atti bianchi (II e IV atto) e Marius Petipa si occupò del I e del III atto, gli atti neri.

Pure le musiche furono riviste, con l'inserimento di altri brani di Čajkovskij e la nuova versione, presentata nel 1979 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, ottenne enorme successo sotto la direzione musicale affidata all'italiano Riccardo Drigo il quale vi aggiunse una propria composizione, il Grand pas de deux.

Il Lago dei Cigni è sicuramente uno dei balletti più rappresentati e reinterpretati al mondo ed è l’opera più celebre nella Storia del Balletto. Il libretto originale si ispira alla fiaba tedesca “Il velo rubato” e ad un insieme di leggende.

Questo capolavoro ballettistico è una creazione tipica della scuola francese, in cui si intrecciano pantomima, i divertissement delle danze folkloristiche del III Atto, le sfumature malinconiche di Ivanov, l’atmosfera eterea di Odette e naturalmente il doppio ruolo "cigno bianco e cigno nero"  Odette/Odile, antitesi tra il bene e il male.

Il Lago dei Cigni è uno dei balletti più difficili sotto il profilo tecnico, in parte anche dovuto ad una famosa ballerina italiana, Pierina Legnani, la quale nel ruolo duplice di Odette/Odile, portò tutta la sua abilità e professionalità nell’eseguire trentadue fouettes di seguito (il 27 gennaio del 1895 al Teatro Mariinskj).

Non marginale è lo svolgimento narrativo, in particolar modo riguardo alla conclusione del balletto, in cui ebbe un ruolo determinante per un possibile e alternativo finale in chiave positiva, il fratello del musicista, Modest.

La partitura di Pëtr Il'ič Čajkovskij è ambigua e sensuale, il balletto fu composto quando l’autore, consapevole della propria omosessualità (e di quella di suo fratello), per celarla si sposò. Un matrimonio breve che terminò con il ricovero in manicomio della moglie e innescò la serie di eventi che portarono al suo suicidio (più o meno volontario) nel 1893, proprio mentre “Il Lago dei Cigni” stava assaporando il successo meritato.

Alcuni elementi di questo dramma si colgono nell’interazione tra il protagonista, il principe Siegfried, e il suo miglior amico Benno, nonché nella Regina protettiva che fa di tutto per spingere il figlio al matrimonio ma resta desolatamente sola nell’ultimo quadro.

Innumerevoli sono le versioni de Il Lago dei Cigni, titolo che da sempre ispira i cosiddetti autori della tradizione come anche quelli della rottura.

Celebre la versione con Maya Plisetskaya al massimo del suo fulgore ma anche quella di Rudolf Nureyev, dove il protagonista assoluto è Siegfried, un principe romantico dall’animo malinconico.

Numerosi adattamenti il Lago ha ispirato, una versione particolare si deve a Matthew Bourne dal titolo “Swan Lake” per il “Sadler Wells Theatre” di Londra, che ha goduto di un successo mondiale, ma anche di critiche da parte dei puristi. Una delle singolarità è che i cigni sono interpretati da ballerini maschi (versione poi comparsa anche al cinema nel film “Billy Elliot”).

Troviamo poi la versione del coreografo Fredy Franzutti per il suo Balletto del Sud, il quale ha proposto delle analogie tra Sigfried e re Ludvig II di Baviera; il demone Rothbart chiede l’anima del ragazzo in cambio di una vita senza responsabilità e di duratura bellezza.

Un’altra riscrittura, audace, debuttò a Stoccolma, firmata da Fredrik Rydman, che miscelò "danza classica" e "street dance" con brani pop rock dal titolo “Swan lake reloaded”, ambientato ai giorni nostri con i cigni che in realtà appaiono come prostitute, tossicodipendenti, sottomesse dal protettore/pusher Rothbart. Una rilettura elettronica e totalmente dark senza scarpette e tutù.

Apprezzata la versione "darkskin" dell'artista sudafricana Dada Masilo, la quale ha lavorato sul contrasto bianco/nero per mezzo di un coro di cigni a piedi nudi che affondano in profondi plié rievocando antiche e storiche danze tribali.

Di ben altro calibro è la versione intitolata La stanza del Principe di Enzo Cosimi in cui la figura del principe viene sfocata, rimossa, ribaltandone l’iconografia tradizionale, mediante un racconto immerso in un’inquietudine rarefatta.

In seguito è stata la volta dello svedese Mats Ek con Svansjön, un cigno goffo, di pelle bianca e nera, indifferentemente maschio e femmina.

Degna di menzione Marguerite Donlon, danzatrice e coreografa irlandese con la Donlon Dance Company (il balletto ufficiale della regione tedesca del Saarland) nella trasposizione dal titolo Swan Lake-Emerged, un originalissimo Lago dei Cigni attuato dalla talentuosa coreografa irlandese che ha puntato su momenti di tormento e di vuoto emozionale ma anche su quelli inebrianti e di idilliaca gioia a sostegno della celebre trama, di grande impatto il contrasto tra la partitura di Čajkovskij e il paesaggio sonoro creato dal duo Sam Auinger & Claas Willeke.

Da segnalare pure la rilettura grottesca dell’intero II Atto ad opera della Compagnia Les Ballets Trockadero de Monte Carlo: un classico en travesti in una versione esilarante, irriverente e dissacrante in cui fa da padrona la “parodia” pur conservando tutti i dettami tecnici della danza accademica.

Un adattamento che ha destato scandalo è andato in scena con la Peter Schaufuss Company al London Coliseum, coreografie di Peter Schaufuss, grandissimo ballerino proveniente dalla scuola di Bournonville.

Un’altra particolare versione è quella del coreografo francese Patrice Bart per il Teatro dell’Opera di Roma che ha proposto una nuova veste del Lago, per così dire, “edipica”.

Da ricordare l’adattamento acrobatico del Lago dei Cigni attraverso la danza classica e l’energia delle acrobazie circensi con gli artisti del Guandong Acrobatic Troupe, i quali hanno trasformato i passi di danza in figure che sfidano la gravità.

Un’altra versione in cui si indaga Il Lago dei Cigni mediante la danza contemporanea è quella con le coreografie di Loris Petrillo per la Compagnia Opus Ballet, diretta da Rosanna Brocanello. Un'operazione di rilettura dell’opera e di riscoperta del suo nucleo originale e centrale.

Apprezzato il Balletto di Roma che ha portato in scena Il Lago dei cigni ovvero Il canto riscritto in chiave moderna dal coreografo Fabrizio Monteverde che si è posto di fronte al capolavoro mettendolo in relazione con la novella di Anton Cechov Il canto del cigno e la stupenda musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij.

Rilettura del Lago dei cigni anche per il coreografo Alexei Ratmanski il quale ha condotto gli spettatori attraverso un’operazione di notevole spessore e contenuto culturale artistico, riportando il balletto all’essenza originaria siglata da Petipa/Ivanov grazie anche alla notazione di Valdimir Stepanov tramandata nei quaderni conservati all’Università di Harvard e alle foto, filmati e materiali d’archivio, i quali hanno permesso di restituire le sfumature di uno stile, attualmente modificato secondo l’evoluzione fisica dei ballerini e la nuova tecnica tersicorea.

Da sottolineare inoltre il tocco moderno di Pascal Touzeau nel suo Lago dei cigni per il Ballet Mainz in cui si è focalizzata la dimensione onirica e il mondo immaginario di Odette.

Da citare l’allestimento con la coreografia di Vladimir Bourmeister.

Un'altra riscrittura intitolata Lac di Jean Christophe Maillot, direttore dei Balletti di Montecarlo, ha mantenuto intatta la partizione del balletto in tre atti, mentre ha variato la trama, anche se i due cigni - bianco e nero - si contendono sempre l’amore del principe.

Indimenticabile la rilettura del grande classico a firma Christopher Wheeldon, in punta di piedi tra Degas e Toulouse-Lautrec. Un lavoro che ha attinto l'ispirazione mediante i maestri Petipa e Ivanov ma si è articolato tra sogno e realtà, sala prove e Cafè Chantant fin de siècle.

Da menzionare l’edizione proposta con la coreografia e le scene di Maurice Bart, basato in parte sul lavoro di Petipa/Ivanov con i costumi di Aldo Buti.

In scena anche la versione On Ice con The Imperial Ice Stars, pluripremiata compagnia internazionale di danza sul ghiaccio con una coreografia mozzafiato dove il risultato è un mix adrenalinico di danza sul ghiaccio, interpretazione drammatica, salti, piroette ad alta velocità, acrobazie e spettacolari effetti visivi con un cast di eccellenti pattinatori.

Nel 1976 andò in scena anche la rilettura del capolavoro del repertorio ballettistico a firma dell’americano John Neumeier.

Da rammentare la versione di Boris Romanov che vi impiegò Attilia Radice e Anatolij Obuchov.

Il Lago dei cigni fu proposto anche al London’s Festival Ballet nel 1960 e otto anni prima il New York City Ballet eseguì la versione firmata dal suo coreografo di punta George Balanchine.

Importante e storica la versione di Jurij Grigorovic.

Per il cinema celebre l’ispirazione nel film di Darren Aronofsky, Black Swan, il quale ha toccato gli archetipi fondativi del balletto sceneggiati in chiave thriller tra i diversi doppi del personaggio.

Il Lago dei Cigni, tra contemporaneo e passato, racchiude comunque e sempre il meglio dell’arte del balletto.


Michele Olivieri



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