La storica rassegna propone un’edizione con molte novità (19 spettacoli, 51 recite, 6 spazi, 3 città, 7 prime, 12 nazioni)

 

Il Festival delle Colline Torinesi d’autunno

(Torino, Collegno, Rivoli, 14 ottobre-14 novembre)

The Mountain - © Jordi Soler


Il festival d’autunno

Il Festival delle Colline Torinesi - Torino Creazione Contemporanea si rilancia spostandosi in un periodo inedito: dal 14 ottobre al 14 novembre 2021. La storica rassegna teatrale, sempre organizzata dalla Fondazione TPE - Teatro Piemonte Europa, propone un’edizione d’eccezione con molte novità, che può contare su 19 spettacoli in 32 giorni, 51 recite, 6 spazi in 3 città, 7 prime e gli artisti provenienti da 12 nazioni.


Un festival contemporaneo

«Je continue à apprendre par cœur Le bateau ivre, qui me prendre beaucoup de temps.» così scrive con ironia Sophie Calle, che nel 2021 dona il segno d’artista al Festival delle Colline Torinesi. Proprio il rapporto con la scrittura poetica caratterizza il mondo figurativo della Calle, la cui personale al Castello di Rivoli, del 2014, rimane indelebile nel ricordo. «Parce que la tentation de la suivre» si legge su un’immagine fotografica della Calle, una linea bianca che incrocia una distesa di sassi e il mare. Frase e immagine diventano un’opera («Ligne Blanche», recentemente in mostra alla Fondazione Merz), i poli di una dialettica, il “segno d’artista”. Anche il Festival ha l’intenzione di seguire una linea: quella della ripresa di attività nel dopo pandemia, in autunno, sperimentando nuove formule e nuovi linguaggi.

Fra le novità: la presenza di un Paese ospite, il Belgio; la monografia d’artista, dedicata alla Socìetas, una famiglia d’arte, con spettacoli rispettivamente di Claudia Castellucci, Chiara Guidi, Romeo Castellucci; la contaminazione del teatro con l’arte contemporanea, condivisa proprio con la Fondazione Merz e in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo e il Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea.


Il tema

Slogan programmatico diventa, dopo quello del viaggio, confini/sconfinamenti.

Il Festival delle Colline Torinesi vuole dare spazio alla performance d’arte superando certi steccati rimuovendoli: guardando ad artisti che non utilizzano solo schemi drammaturgici, che cercano spazi nuovi e nuove concettualità e ad artisti che scommettono su altre combinazioni, persino con la moda e il design, come certe sfilate suggeriscono.

La volontà di superare confini, di contaminare linguaggi, alternarli, coniugarli, caratterizza da sempre Motus che con Chroma Keys, interpretato da Silvia Calderoni, compie una incursione nel cinema, portando il corpo della performer, illusoriamente e illusionisticamente, nelle scene di film proiettati, intarsiati con una vecchia tecnica video (ora rinnovata dal digitale), il Chroma Key appunto. Una esibizione tutta in sospeso tra un mondo a venire e un avvenire senza mondo, tra Hitchcock e Godard, tra Lars Von Trier e l’apocalittico Bela Tarr. Un’operazione che, forse, richiama certe avanguardie storiche. Secondo appuntamento con Motus e spettacolo conclusivo del Festival Tutto brucia: una nuova creazione ricavata da Le Troiane di Sartre. Scritta a Roma nel 1964, Le Troiane è un adattamento del testo di Euripide, con allusioni all’imperialismo europeo e alla Guerra d’Algeria.

Con la performance Rompere il ghiaccio, Filippo Andreatta riflette sul rapporto tra uomo e paesaggio. Il pretesto è la sorte di un ghiacciaio, il Grafferner, sulla frontiera tra Italia e Austria, ma anche la storia d’amore tra Elsa e Enrico, i nonni dell’autore, separati da un confine «mobile», da quel ghiacciaio appunto, che si contrae. Il tutto è volto a dimostrare la natura discutibile, cangiante, di ogni idea di confine.

Sunny Sundays è, invece, una performance (con uno stand-up, momenti di narrazione e un fumetto), progettata e realizzata dagli artisti libanesi Rabih Mroué e Lina Majdalanie, di ritorno al Festival dopo qualche anno. Un lavoro in bilico tra finzione e ricognizione storica, con lo spettatore quasi impossibilitato a distinguerle.

Secondo appuntamento al Festival con gli artisti libanesi, Borgborygmus (con Lina e Rabih figura l’artista visivo, musicista e autore di fumetti Mazen Kerbaj) presenta il mondo di oggi come un gorgoglio, come il rumore continuo di un fallimento, come un requiem per vivi.

Al Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, il Festival sarà presente con Exhibition: evento performativo di Cuocolo/Bosetti pensato per i musei, che sotto forma di una particolare visita guidata, si interroga sulla natura della fruizione. Dunque anche del teatro e dell’arte, con un gruppo di venticinque spettatori muniti di radio guide che attraversa gli spazi museali guidato dall’attrice-performer.

Fanno parte del segmento arte-teatro anche la creazione originale site-specific di Virgilio Sieni, La dimora del volto, dedicata alla mostra di Marisa e Mario Merz realizzata proprio negli spazi espositivi a contatto con le opere e Sonora Desert, installazione interattiva della Compagnia Muta Imago, cioè Claudia Surace e Riccardo Fazi, che indaga, alla Lavanderia a Vapore, il rapporto spettatore-percezione a partire da un viaggio nel deserto di Sonora, al confine tra l’Arizona e il Messico. Vibrazioni sonore, luminose e cromatiche, sono in dialogo con le musiche appositamente composte da Alvin Curran, spesso sulla falsariga di effetti ambientali rielaborati.


Il Belgio Paese ospite

Ritmo e velocità sono le componenti di All Around, concerto con il batterista Will Guthrie e la coreografa/ballerina danese Mette Ingvartsen, che lavora a Bruxelles. Una performance, la loro, illuminata da neon, che sospinge quasi verso la trance. Tutto in cerchio è il pubblico intorno agli interpreti, come dichiara il titolo. Linguaggi differenti racchiusi in un solo evento (teatro, danza, musica e arte) caratterizzano All the Good, nato da un incontro di Jan Lauwers con un veterano della guerra arabo-israeliana, Elik Niv, diventato danzatore dopo un grave incidente e una lunga riabilitazione.

Un filo secondario dello spettacolo, molto correlato alle biografie, è la riflessione disincantata proprio sull‘arte contemporanea e i suoi feticci.

All the Good, che ha 12 interpreti, non manca di affrontare grandi temi del presente: l’usura del nostro pianeta, la globalizzazione, l’eclissi della solidarietà, la sessualità riscoperta.

Questi due appuntamenti del progetto Belgio Paese ospite, una delle Nazioni Europee di maggiore vivacità sul fronte della creazione contemporanea, sono sostenuti dal Governo delle Fiandre in Italia.


La Socìetas. Claudia e Romeo Castellucci e Chiara Guidi protagonisti al Festival

L’inaugurazione del Festival 2021, il 14 ottobre, sarà affidata a Claudia Castellucci, Leone d’Argento alla Biennale danza 2020, che proporrà al Teatro Astra, in prima nazionale dopo un esordio a San Pietroburgo, la sua La nuova Abitudine, creazione tra ballo, arte, musica sacra (con i canti Znamenny della tradizione liturgica di impronta greco-ortodossa). Insieme ai danzatori della Compagnia Mòra ci saranno i Cantori del Coro Bizantino di musicAeterna di San Pietroburgo a coronamento di un lungo periodo di lavoro congiunto.

Al Festival ritorna un altro componente della Socìetas, Romeo Castellucci, con Schwanengesang D744, concerto-spettacolo da vari Lieder di Schubert (eseguiti al pianoforte da Alain Franco), tutti al confine tra il mondo della speranza e l’oscurità degli abbandoni. In scena scosse musicali di Scott Gibbson, proiezioni video e la soprano Kerstin Avemo. Romeo Castellucci - che ritorna al Festival delle Colline Torinesi tre anni dopo l’ultima volta nel 2018 con Giulio Cesare. Pezzi staccati - riflette sul senso dell‘arte, soprattutto oggi, e, con disincantata ironia, sul suo stesso impegno di creatore.

Terzo tassello della presenza Socìetas sarà Chiara Guidi con Edipo. Una fiaba di magia. Spettacolo tout public in cui prevale un’idea di sperimentazione della voce e di virtuosistiche sonorità. Sul palco tra i cinque interpreti e il pubblico ci sono voci che, come cavalli alle redini, diventano personaggi. Rispondendo agli enigmi della Sfinge si potrà accedere all’antro dove un seme diventa Edipo.


Un festival internazionale

Appuntamento internazionale attesissimo è quello con l’ungherese Kornél Mundruczó e il suo Proton Theatre, alle prese con Imitation of Life (con Lili Monori, Bori Péterfy, Roland Rába, Zsombor Jéger, Dáriusz Kozma). Un atto d‘accusa contro una società contemporanea votata alla discriminazione.

Fanno parte del segmento internazionale (oltre ai già citati libanesi Rabih Mroué e Lina Majdalanie, i belgi Needcompany e la danese Mette Ingvartsen) anche gli spagnoli Agrupaciòn Señor Serrano con The Mountain, nel cui filo narrativo compaiono l’alpinista Mallory e i misteriosi interrogativi sulla salita all’Everest, ma anche Orson Welles e Putin. Sempre superlativo nella compagnia catalana l’uso del video.


Gli artisti emergenti

Il Festival come al solito crede e investe sui giovani artisti e sulle compagnie emergenti. Sul tema dell’Egitto e dei dieci anni della Primavera Araba si esercita Miriam Selima Fieno in Fuga dall’Egitto, ispirato al libro di Azzurra Meringolo, dedicato agli esuli egiziani che si erano o si sono battuti per la difesa dei diritti umani in quel paese. In scena oltre alla stessa Selima Fieno ci sarà la cantante egiziana Jasmine El Baramawy.

Un gradito ritorno al festival è quello del giovane ma già affermato Liv Ferracchiati con La tragedia è finita. Platonov, opera di Cechov che da qualche anno attrae giovani registi italiani, in questo caso una riflessione sul rapporto di un Don Giovanni di provincia e le sue donne, tra ironia e disperazione. Tornano anche i VicoQuartoMazzini (Premio Hystrio 2021 come compagnia emergente) con Livore Mozart e Salieri per la regia di Michele Altamura e Gabriele Paolocà, entrambi in scena con Francesco d’Amore.

Infine Tedacà con Fine pena ora, tratto dal romanzo-saggio di Elvio Fassone con Salvatore D'Onofrio e la regia di Simone Schinocca, in cui un ergastolano e il suo giudice per tanti anni dialogano, si scrivono, si giustificano.


1996-2021

Un tragitto da Villa Bria di Gassino Torinese, con Galatea Ranzi in scena nel 1996, a oggi, con cartelloni successivi che testimoniano la crescita di una manifestazione che si è guadagnata la fedeltà del pubblico, la fiducia degli artisti, la stima delle istituzioni e degli operatori italiani e europei. Una manifestazione che ha sempre indagato le contaminazioni e quanto le varie arti si possano arricchire reciprocamente.

Un fecondo incrocio fra il teatro e l’arte contemporanea vi fu già nel programma del 2007. Al Castello di Rivoli venne presentata una performance di Marie Cool e Fabio Balducci; nella Cappella dei Battù a Pecetto Torinese fu protagonista Eva Meyer-Keller e all’Accademia Albertina a Torino Snejanka Mihaylova. Al Castello di Moransengo, Rudi Punzo.

La performance più simbolica del Festival fu però nel 2012 la gioiosa invasione da parte del pubblico del palcoscenico di The Plot is the Revolution, con ciascun spettatore chiamato a scrivere un proprio pensiero su La bella rivoluzione anarchica e non violenta, il celebre slogan di Judith Malina, interprete dello spettacolo.

Nel 2006 l’Arte Povera peraltro aveva fatto irruzione a fianco del Festival grazie a Mario Merz, una cui serie di Fibonacci contrassegnò la grafica della sedicesima edizione. Fu il primo dei segni d’artista, che, sempre in collaborazione con la Fondazione Merz, accompagnarono il Festival fino a oggi. Vennero firmati da Marco Gastini, Luigi Mainolfi, Michelangelo Pistoletto, Nunzio, Giorgio Griffa, Marzia Migliora, Antje Reick, Masbedo, Zena El Khalil, Botto&Bruno, Marisa Merz, Lida Abdul, Pétrit Halilaj.


Gli appuntamenti collaterali

In parallelo al cartellone 2021 il festival ha organizzato un calendario gli eventi di approfondimento degli spettacoli (incontri, proposte espositive, presentazione di pubblicazioni), che sempre di più acquistano importanza nella vita culturale e di relazioni di un festival proprio perché permettono al pubblico, a certi pubblici come quello degli studenti, di dotarsi di chiavi di lettura che facilitano e rendono più completo l’approccio agli artisti, ai loro linguaggi, alle tematiche.

Il Festival delle Colline Torinesi curerà alcuni appuntamenti al Salone Internazionale del Libro e al Polo del ‘900 con Istoreto.

Con l’editore Hopefulmonster verrà anche inaugurato un nuovo progetto editoriale dedicato ai grandi protagonisti della creazione artistica contemporanea.


I partner

Il Festival 2021 è ideato e diretto, sin dalla sua nascita, da Isabella Lagattolla e Sergio Ariotti da un progetto iniziale dell’Associazione Festival delle Colline Torinesi.

È organizzato dalla Fondazione TPE - Teatro Piemonte Europa e realizzato in partnership con la Fondazione Merz e in collaborazione con Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale, Fondazione Piemonte dal Vivo, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani. È sostenuto dal Ministero per la Cultura, dalla Regione Piemonte, dalla Città di Torino, dalla Fondazione Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore), da Fondazione CRT. Con il sostegno del Governo delle Fiandre.


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