Don Pasquale di Donizetti - in scena al Teatro alla Scala
Riccardo
Chailly dirige Don
Pasquale
Il
Direttore Musicale prosegue il suo percorso nel repertorio italiano
e
dopo Rossini, Verdi, Puccini e Giordano presenta il suo primo
Donizetti alla Scala.
Il
nuovo allestimento è di Davide Livermore, con scene di Giò Forma e
video di D-Wok,
e
vede protagonisti Ambrogio Maestri, Rosa Feola, René Barbera e
Mattia Olivieri.
Il
3 aprile diretta radiofonica su Rai3. Il 19 aprile diretta televisiva
su Rai5
e nelle
sale cinematografiche in Italia e all’estero
(www.allopera.rai.it/).
Va
in scena dal 3 aprile al 4 maggio, per nove rappresentazioni, Don
Pasquale di Gaetano
Donizetti con la direzione del Maestro Riccardo
Chailly e la regia di
Davide Livermore.
Le scene sono firmate da Davide
Livermore e
Giò Forma, i costumi
da Gianluca Falaschi,
le luci da Nicolas
Bovey e i video da
D-Wok. Protagonisti
sono Ambrogio Maestri
come Don Pasquale, Rosa
Feola come Norina,
René Barbera
al debutto scaligero come Ernesto, Mattia
Olivieri come
Malatesta e Andrea
Porta nella parte del
Notaro. L’opera si rappresenta senza tagli, nella revisione
secondo la partitura autografa di Piero Rattalino, edita da Casa
Ricordi. Si ringrazia per la collaborazione Milano per la Scala e la
signora Aline Foriel-Destezet.
Dopo
l’apertura della Stagione con Andrea
Chénier
di Umberto Giordano, il M° Riccardo
Chailly
giunge alla sua ventesima opera alla Scala dirigendovi per la prima
volta un titolo di Gaetano Donizetti: non a caso Don
Pasquale,
incontrato per la prima volta negli anni del Cantiere di
Montepulciano e proposto nel 1979 al Covent Garden con Geraint Evans
e Ileana Cotrubas. Prosegue così un percorso attraverso il
repertorio italiano che ha visto il Direttore Musicale alternare
titoli del grande repertorio spesso presentati in versioni inedite o
nuove per la Scala (Turandot
con il Finale di Luciano Berio, Madama
Butterfly
nella prima versione milanese, La
fanciulla del West
con l’orchestrazione originale di Puccini) a opere meno
rappresentate (Giovanna
d’Arco
di Verdi) e capolavori a lungo assenti dal Piermarini (La
gazza ladra
di Rossini).
Riccardo
Chailly
Il
suo debutto alla Scala risale al 1978 con I
masnadieri di Verdi:
nel 2018 festeggia quindi 40 anni di attività scaligera, nel corso
dei quali ha diretto opere di Rossini, Verdi, Puccini, Prokof’ev e
Bartók. Don Pasquale
è il suo primo titolo donizettiano al Piermarini. Con Aida
ha inaugurato la Stagione 2006/2007,
con Giovanna d’Arco
la Stagione 2015/2016, con Madama
Butterfly la Stagione
2016/2017 e con Andrea
Chénier la Stagione
2017/2018. Il suo impegno con il Teatro milanese si concentra sul
repertorio italiano secondo
un progetto culturale volto a valorizzarne la ricchezza e la
complessità, dal Belcanto al Verismo. Proseguirà anche il
ciclo
di opere di Puccini iniziato
nel maggio 2015 con Turandot,
evento inaugurale di Expo, cui
sono seguite nel
2016 La fanciulla del
West e
Madama Butterfly.
Un’attenzione
particolare è rivolta alle opere presentate alla Scala in prima
assoluta: è il caso de La
gazza ladra, tornata
alla Scala con la regia di Gabriele Salvatores a 200 anni dalla
prima, e dello stesso Andrea
Chénier. Il Maestro
Chailly ha intensificato l’attività con l’Orchestra scaligera
creando con i musicisti un sodalizio artistico sempre più stretto:
nel 2017 ha guidato la Filarmonica per la seconda estate consecutiva
in tournée toccando con successo diverse tappe europee tra cui il
Festival di Lucerna, il debutto ai Proms e al Festival di Edimburgo e
il ritorno alla Philharmonie di Berlino; nel gennaio 2018 è seguito
un nuovo tour che ha incluso tra l’altro il Musikverein di Vienna.
Dopo l’inaugurazione della Stagione della Filarmonica della Scala
lo scorso novembre, il Maestro Chailly è salito sul podio del
secondo concerto della Stagione Sinfonica del Teatro con la Messa
per Rossini, omaggio
collettivo dei compositori italiani al Pesarese nel primo
anniversario della sua scomparsa che non era mai stato eseguito alla
Scala, ed è tornato in febbraio con una memorabile Terza
Sinfonia di Gustav
Mahler.
Lo spettacolo
Dopo
il clamoroso successo del debutto scaligero con l’allestimento di
Tamerlano
di Händel lo scorso settembre, Davide
Livermore
torna al Piermarini per una nuova produzione ricca di riferimenti
cinematografici. Se per Tamerlano
il riferimento era Eizenstejin, la scena di Don
Pasquale
si arricchisce di elementi tratti dal cinema italiano degli ultimi
anni ’50, quando realismo e sogno, patetismo e comicità si
fondevano in uno stile di commedia assai simile al “mezzo
carattere” dell’opera di Donizetti. L’ambiente è una Roma in
bianco e nero, elegante e fantastica, tra rovine, pini marittimi,
nuovi palazzi in costruzione e l’ingresso di Cinecittà. Spiega il
regista: “Cadute
le maschere, in Don
Pasquale emergono i
personaggi: sullo sfondo rimangono i brandelli dei ‘tipi’ della
commedia dell’arte”.
Dopo le recite di Don
Pasquale,
Livermore sarà a Mosca per un nuovo allestimento de Un
ballo in maschera
al Teatro Bol’soj cui seguiranno Tosca
a Valencia, Norma
a Bilbao, Manon
Lescaut
a Barcellona e Aida
a Sidney.
Come
per Tamerlano, la scenografia è affidata allo Studio
Giò Forma
(Florian
Boje
e Cristiana
Picco),
un team capace di mettere le tecnologie più avanzate al servizio del
teatro, ma anche di grandi eventi come Expo o dei più spettacolari
palcoscenici del pop e del rock.
I
costumi sono firmati da Gianluca
Falaschi,
uno dei più richiesti e talentuosi costumisti italiani, già
vincitore del Premio Abbiati per Ciro
in Babilonia,
che a Pesaro nel 2012 aveva segnato l’inizio della riflessione di
Livermore sulla permanenza degli stilemi dell’opera nello sviluppo
della settima arte.
I protagonisti
Sempre
applauditissimo alla Scala, l’ultima volta nella scorsa Stagione
come Falstaff,
Ambrogio Maestri
è uno dei baritoni più apprezzati del nostro tempo per doti vocali,
personalità e carisma scenico. Con Riccardo Muti ha interpretato una
galleria verdiana che include Don Carlo ne La
forza del destino (in
tournée a Tokyo), Falstaff, Renato, Jago e Germont, per poi tornare
alla Scala come Dulcamara, Tonio e Amonasro. Tra i suoi prossimi
impegni Rigoletto
a Los Angeles a maggio e ancora Falstaff
alla Staatsoper di Vienna a giugno.
Protagonista
l’anno scorso de La
gazza ladra scaligera
diretta da Riccardo Chailly, Rosa
Feola è tra le
giovani soprano più promettenti, e ha già lavorato con artisti come
Riccardo Muti, Zubin Mehta e Fabio Luisi. Tra i prossimi impegni
Rigoletto
alla Bayerische Staatsoper in giugno e Gianni
Schicchi al Münchner
Opernfestspiele in luglio.
Il
debutto alla Scala nella parte che fu di Schipa e Kraus è per René
Barbera uno dei punti
culminanti di un anno che ha segnato un decisivo sviluppo della sua
carriera con il ragguardevole record di nove debutti in una sola
stagione: alla Deutsche Oper di Berlino come Edgardo, a Dallas come
Alfredo, a Dresda come Duca di Mantova, a Zurigo come Tonio, a Parigi
come Almaviva (Rossini), a Monaco come Ramiro, a Trieste come
Lindoro, a Valencia come Tito e a Stoccarda come Riccardo (Puritani).
Già
di casa al Piermarini è invece Mattia
Olivieri, che ha
debuttato qui come Schaunard nel 2015, diretto da Gustavo Dudamel
(parte ripresa nel 2017 con Evelino Pidò) ed è tornato sempre nel
2015 come Belcore ne L’elisir
d’amore diretto da
Fabio Luisi in scena e nella trasferta televisiva a Malpensa, e
infine nel 2017 Masetto nel Don
Giovanni diretto da
Paavo Järvi. Ha recentemente riscosso un successo personale nella
parte di Alphonse XI ne La
Favorite a Firenze,
che riprenderà a luglio a Barcellona.
L'0pera
Don
Pasquale va in scena
il 3 gennaio 1843 al Théâtre des Italiens di Parigi con un cast
leggendario formato da Luigi Lablache, Giulia Grisi, Mario e Antonio
Tamburini. Impegnato in diverse produzioni, dalla nuova Caterina
Cornaro per Vienna
(progetto poi abbandonato e ripreso più tardi per Napoli) alle
revisioni di Linda di
Chamounix e Maria
Padilla per Parigi e
alla Maria di Rohan
ancora per Vienna,
Donizetti lavora alacremente: “Don
Pasquale - scrive -
mi è già costato più di dieci giorni di fatica”; e ancora: “Sai
tu che in 24 ore ho fatto due atti (non strumentati, veh!)? Quando il
soggetto piace, il core parla, la testa vola, la mano scrive…”.
Di queste righe occorre ritenere soprattutto l’attaccamento del
compositore al soggetto: lui stesso aveva scelto di far riscrivere da
Antonio Ruffini il libretto di Angelo Anelli per il Ser
Marc’Antonio
musicato da Stefano Pavesi per la Scala nel 1810, e si era poi
accanito sul suo poeta con tante critiche, tagli e rifacimenti che il
Ruffini aveva rinunciato alla firma e sul libretto finale erano
rimaste solo le iniziali M.A., da alcuni erroneamente riferite al
factotum di Donizetti, Michele Accursi. Alla cura dei versi
corrispondeva, pur nell’infernale rapidità, la cura delle note:
“Figuratevi – scrive ancora Donizetti – se l’autore buttava
giù per Parigi e per Vienna”. Don
Pasquale, salutato
alla prima da appalusi dopo ogni pezzo e da un autentico trionfo alla
fine, è in effetti un capolavoro, come d’altra parte Maria
di Rohan nel campo
dell’opera seria. L’apparente ossequio alla tradizione e alle
forme dell’opera buffa vi è contraddetto da un’inedita
estensione dell’elemento sentimentale, mentre i personaggi virano
dagli stereotipi di tradizione (il senex
amans, la coquette,
l’amoroso) per acquistare spessore psicologico e rilievo drammatico
in un quadro di crudelissimo disincanto: non a caso Donizetti volle
fortemente che l’azione fosse ambientata “nella Roma
contemporanea” con costumi “alla borghese moderna”.
Don Pasquale alla Scala
Don
Pasquale approda per
la prima volta alla Scala il 17 aprile 1843, a pochi mesi dalla prima
parigina, per inaugurare la Stagione di Pasqua. Guidata al cembalo da
Giacomo Panizza, la versione scaligera si avvale di Napoleone Rossi e
Ottavia Malvani nelle parti principali e regge 26 rappresentazioni;
altre dieci seguiranno nel 1847 e una sola nel 1861. Poi silenzio per
43 anni: occorrerà attendere il 1904 perché la Scala torni a
schierare, per 20 rappresentazioni, le sue carte migliori: Cleofonte
Campanini sul podio, Antonio Pini-Corsi e Rosina Storchio, con
Giuseppe De Luca come Malatesta. Ancora la Storchio, con Dino
Borgioli come Ernesto, canta nel 1918, mentre del 1930 è il debutto
di Toti Dal Monte, che torna nel 1933 diretta da Franco Ghione
insieme allo storico Ernesto di Tito Schipa. Schipa torna, a fianco
di Margherita Carosio, negli allestimenti diretti da Gino Marinuzzi
nel 1936 e nel 1944. L’edizione del 1950 porta la firma di Giorgio
Strehler e schiera Tancredi Pasero, Alda Noni e Giacinto Prandelli
sotto la direzione di Franco Capuana; Nino Sanzogno dirige la ripresa
di due anni dopo con Melchiorre Luise e Dora Gatta. Ancora Sanzogno
tiene a battesimo l’edizione 1959 firmata da Franco Zeffirelli con
Sesto Bruscantini, Graziella Sciutti e Luigi Alva. Alfredo Kraus è
Ernesto con Margherita Guglielmo come Norina nelle edizioni del 1965
con la regia di Sandro Bolchi e la direzione di Francesco Molinari
Pradelli e del 1973 con la regia di Margherita Wallmann e la
direzione di Piero Bellugi. Undici anni dopo l’allestimento di
Antonello Madau Diaz con la direzione di Roberto Abbado si segnala,
oltre che per il ritorno di Sesto Bruscantini e la Norina di Lucia
Aliberti (nel 1985 sarà Luciana Serra), per i costumi di Gianni
Versace. Nel 1994 Riccardo Muti dirige Ferruccio Furlanetto, Nuccia
Focile, Gregory Kunde e Lucio Gallo in uno spettacolo di Stefano
Vizioli. L’ultima apparizione scaligera del titolo, del 2012, vede
Enrique Mazzola dirigere l’Orchestra dell’Accademia in uno
spettacolo di Jonathan Miller con Michele Pertusi, Pretty Yende e
Celso Albelo.
credit Brescia/Amisano
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