Al Bellini di Napoli debutta L'ultimo Decamerone

Teatro Bellini di Napoli - Dal 10 aprile al 6 maggio 2018 



L’ultimo Decamerone 

di Stefano Massini dall'opera di Giovanni Boccaccio 

regia Gabriele Russo 

coreografia Edmondo Tucci 

musiche Nello Mallardo 

coproduzione Fondazione Teatro di San Carlo,
Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini 


Martedì 10 aprile (ore 21.00; repliche sino a domenica 6 maggio) al Teatro Bellini di Napoli debutta, in prima assoluta, una nuova produzione nata dalla collaborazione tra la Fondazione Teatro di San Carlo e la Fondazione Teatro di Napoli-Teatro Bellini. 

L’ultimo Decamerone questo il titolo dello spettacolo, puro esempio di teatro-danza, creato su testi di Stefano Massini che ha tratto il suo lavoro dal Decamerone di Giovanni Boccaccio e sulle coreografie originali di Edmondo Tucci. La regia è a firma di Gabriele Russo. Originali anche le musiche ad opera di Nello Mallardo (arrangiamenti di Ivano Leva). 

Interpreti Angela De Matteo, Maria Laila Fernandez, Crescenza Guarnieri, Antonella Romano, Paola Sambo, Camilla Semino Favro, Chiara Stoppa e il Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo diretto da Giuseppe Picone. Le scene sono di Roberto Crea, i costumi di Giusi Giustino, le luci di Fiammetta Baldiserri, le foto di Mario Spada 

Stefano Massini, uno degli autori teatrali più eclettici, prolifici e rappresentati in Italia, con L'ultimo Decamerone propone un riscrittura originale del Decameron. Toscano di nascita, Massini ha trovato nella lingua di Boccaccio terreno fertile per realizzare una rilettura completamente nuova, che si differenzia dalle tante rappresentazioni che l'hanno preceduta in primo luogo per la scelta di non affrontare solo alcune fra le cento novelle dell'opera, ma di contenerle tutte. Nelle mani di Massini, le 10 novelle narrate dai 10 protagonisti del Decameron diventano una sola novella: così, tradendo del tutto il testo originale, gli è rimasto più che mai fedele. 

“A me premeva soprattutto indagare il formidabile valore di riflessione di Boccaccio, - sostiene Massini - antica e modernissima, sull'urgenza del narrare, sul ruolo del narrare e sui meccanismi del narrare. Oggi viviamo in una società che è continuamente bombardata di storie, pensiamo, per esempio, quanto il web e i social network entrino continuamente nella nostra vita, con un intrecciarsi di narrazioni multiple, narrazioni istantanee come le fotografie o narrazioni per immagini come i video. E noi, immersi in questo grande mare di storie superflue, molto spesso perdiamo il senso della narrazione. Il Decamerone, viceversa, parte proprio da questo punto: la salvezza, dentro una crisi, sta sempre nel racconto". 

«Con Massini, fin dal nostro primo incontro - racconta il regista Gabriele Russo - siamo stati subito d'accordo nel non proporre una lettura in chiave filologica dell'opera, che oggi sarebbe risultata anacronistica o già vista e rivista, piuttosto ci siamo interrogati sul perchè all'epoca Boccaccio scrisse il Decameron e quali ragioni di allora possano essere ancora oggi valide. Perchè qualcuno dovrebbe chiudersi in un casolare di campagna e mettersi a raccontare favole? Da cosa fugge? All'epoca, dalla peste. E oggi? Vedremo». 

Dal punto di vista progettuale è la prima volta in Italia che una Fondazione Lirica e un Teatro di Prosa condividano un impegno produttivo di tale entità, unico anche nella sua concezione: «Questa è un'occasione – prosegue Gabriele Russo – nata dalla nostra ormai persistente voglia di mettere insieme, sparigliare le carte, creare collaborazioni, ampliare gli orizzonti; una voglia che consideriamo la chiave di volta per creare qualcosa di nuovo, di bello. Abbiamo trovato nella direzione del Teatro di San Carlo disponibilità, apertura e curiosità, e, insieme, ci siamo augurati di dischiudere, con questo esperimento, nuovi scenari e nuove possibilità; di inaugurare, insomma, un nuovo meccanismo che potrebbe essere terreno fertile per l'intero sistema, e, soprattutto, che può diventare un'occasione per il pubblico di vedere in scena spettacoli importanti, che senza la volontà di collaborazione e il coraggio di innovare, sarebbero impossibili da realizzare». 



Interpreti 

Angela De Matteo, Maria Laila Fernandez, Crescenza Guarnieri, Antonella Romano, Paola Sambo, Camilla Semino Favro, Chiara Stoppa 

Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo 

regia Gabriele Russo 

coreografia originale Edmondo Tucci
eseguita dal Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo 

musiche originali Nello Mallardo
arrangiamenti Ivano Leva 

scene Roberto Crea
costumi Giusi Giustino
luci Fiammetta Baldiserri 

foto di scena Mario Spada




Note biografiche 

L’ultimo Decamerone / Stefano Massini Autore 

Stefano Massini (1975), scrittore, vincitore del Premio Letterario Internazionale Mondello 2017 e del Premio Campiello-Selezione Giuria dei Letterati 2017, ha ricevuto il Premio Vittorio De Sica 2017 come personalità di rilievo nel campo della cultura. Drammaturgo, saggista, sceneggiatore e firma del quotidiano La Repubblica, è inoltre volto noto televisivo per i suoi racconti nella trasmissione Piazzapulita di Corrado Formigli su La7. Dal 2015 è chiamato a succedere a Luca Ronconi come consulente artistico del Piccolo Teatro di Milano, Teatro d’Europa. È lo scrittore italiano più rappresentato sui palcoscenici di tutto il mondo, ha vinto sette premi della critica tra Francia, Italia, Germania e Spagna e i suoi testi sono stati tradotti in 15 lingue. Il suo Lehman Trilogy, in Italia ultima storica regia di Luca Ronconi, verrà messo in scena da Sam Mendes per il National Theatre di Londra (da luglio 2018). Sempre nel 2018, altre opere di Massini verranno rappresentate a Broadway. 

Gabriele Russo Regista nasce a Napoli nel 1979. Nel 2002 si diploma presso l'Accademia d'arte drammatica del Teatro Bellini diretta da Alvaro Piccardi. Perfeziona, poi, il suo percorso di formazione partecipando a stage diretti, tra gli altri, da Aurelio Gatti e Matthew Lenton. Debutta nel 2002 in Corpus Christi di Terence McNally diretto da Enricomaria Lamanna, per poi lavorare sotto la direzione di alcuni fra i più autorevoli registi italiani. Recita in molti spettacoli diretti da Tato Russo: I Menecmi di Plauto, Sogno di una notte di mezza estate e La Tempesta di Shakespeare e L'ultimo scugnizzo di Viviani. Nel 2003 Francesco Rosi lo sceglie per il ruolo di Amedeo in una memorabile versione di Napoli Milionaria interpretata da Luca De Filippo, con cui ha poi intrapreso una fitta tournèe di due anni. Nel 2006 è Romeo, in Romeo e Giulietta diretto da Maurizio Panici, nel 2008 è il protagonista de Il paese degli idioti di Dostoevskij per la regia di Alvaro Piccardi e nel 2009 è coprotagonista, insieme a Mariangela D'Abbraccio, de La rosa tatuata di Tennesse Williams, diretto da Francesco Tavassi. Nel 2010 prende parte al progetto di Bizarra, la soap opera teatrale scritta da Rafael Spregelburd, diretta da Manuela Cherubini e prodotta dal Napoli Teatro Festival Italia. Intanto, nel 2007, debutta al Teatro Bellini con la sua prima regia: Gli innamorati di Goldoni; lo spettacolo viene accolto da un caloroso successo di pubblico e critica tanto da essere replicato per i tre anni successivi. L'attività di regista si farà, man mano, preponderante rispetto a quella di attore, concentrandosi, in una prima fase, sulla rilettura e rivisitazione dei classici in chiave contemporanea. Nel 2008 porta in scena (e interpreta Alceste), in un originale Il Misantropo. Dal 2009 comincia il lavoro di insegnante dell'Accademia del Teatro Bellini. Con gli allievi del corso realizza un progetto sui temi dell'integrazione sociale finanziato dalla regione Campania dal titolo La classe libera, ispirato al romanzo Entres les mures di Francois Begledeu; il progetto diventa l'anno successivo uno spettacolo teatrale. Cambia repentinamente genere e l'anno successivo scrive e dirige Gran Varietà nel quale propone al pubblico il varietà classico in una veste contemporanea. Nel 2010 diventa consulente artistico del Teatro Bellini e apporta un cambiamento radicale nella programmazione e nelle produzioni del teatro; il centro della ricerca diventa il repertorio contemporaneo e la valorizzazione di giovani artisti. A febbraio 2012 dirige Gretel e Gretchen scritto dal giovane autore napoletano Claudio Buono e a ottobre dello stesso anno realizza, per il Napoli Teatro Festival Italia, Odissè – In assenza del padre, un lavoro che prende spunto dal poema di Omero per raccontare il rapporto padri/figli: nel teatro sgombrato delle sedute e ricoperto di terra ha diretto un cast di 18 attori. A febbraio 2013 ritorna in scena come attore in Creditori di Strindberg diretto da Orlando Cinque e a novembre dello stesso anno è il protagonista di Some Girl(s) di Neil Labute, diretto da Marcello Cotugno, spettacolo in tournèe per quattro stagioni consecutive. Ad aprile 2014 torna alla regia con Arancia Meccanica, tratto dal romanzo di Anthony Burgess. Per questo spettacolo si avvale della collaborazione di Marco Castoldi, in arte Morgan, che ne scrive le musiche originali e rielabora Beethoven in chiave contemporanea. Arancia Meccanica è stato in tournée per 3 stagioni consecutive con unanime consenso di pubblico e critica. A marzo 2017 ha debuttato con la regia de Il giocatore di Fëdor Dostoevskij adattato per il teatro da Vitaliano Trevisan, mentre a giugno 2017 è andato in scena Glob(e)al Shakespeare un progetto di cui è ideatore e curatore e per il quale si è aggiudicato il premio dell’ANCT (Associazione Nazionale Critici Teatrali) come migliore progetto speciale. Glob(e)al Shakespeare è stato presentato nell'ambito del Napoli Teatro festival Italia 2017 e si compone di sei opere di William Shakespeare, di una delle quali Gabriele Russo ha curato anche la regia: Tito, in una riscrittura di Michele Santeramo. 

Edmondo Tucci Coreografo nel 2010, sotto la direzione di Giuseppe Carbone gli viene affidato il compito di creare una coreografia con un gruppo di ballerini della compagnia del San Carlo in occasione della messa in scena dello spettacolo “Gala di Danza” presso il teatro Politeama di Napoli. Crea così una coreografia corale su musiche di Ludovico Einaudi dal titolo 21 passi lontano da te. Successivamente lo spettacolo, arricchito dalla presenza di ospiti internazionali, è in tournée per la stagione estiva del San Carlo 2010/2011. Nel 2011firma le coreografie per lo spettacolo Dieci storie proprio così, nato da una idea di Giulia Minoli con la drammaturgia di Emanuela Giordano e Gianni Minoli, musiche originali di Antonio Di Pofi e la partecipazione del corpo di ballo del Teatro San Carlo. Nel 2012 crea le coreografie per il Gala di danza dei 200 anni della Scuola di Ballo del Massimo napoletano e nel 2015 per il Gala dedicato ad Anna Razzi, crea un passo a due dal titolo Expression su musiche di Alva Noto. In occasione del “Premio Capri“ firma Petit Romance, su musiche di Liszt. Nel 2016 sotto la direzione artistica di Giuseppe Picone, all’interno dello spettacolo Gala Fracci presenta un passo a due, Loop che lo vede protagonista anche come danzatore in coppia con Claudia D’Antonio. Nel 2017 firma le coreografie per La traviata con la regia di Ferzan Ozpetek, le coreografie di Carmen al Teatro Verdi di Salerno con la direzione di Daniel Oren e in occasione del festival della danza di Padova, crea un assolo per Giuseppe Picone su musiche originali composte per l’occasione da Nello Mallardo dal titolo Senza di te. 

Nello Mallardo Compositore nasce a Napoli nel 1983, inizia gli studi musicali all’età di sette anni, si diploma in pianoforte col massimo dei voti e la lode e si perfeziona sotto la guida dei Maestri Massimo Bertucci, Franco Scala e Boris Petrushanscky, in composizione con Patrizio Marrone e studia inoltre pianoforte jazz col il maestro Francesco Nastro. È vincitore di numerosi concorsi pianistici nazionali. Dal 2007 ad oggi è pianista e Maestro collaboratore del corpo di ballo del Teatro San Carlo, partecipando regolarmente all’attività concertistica e alle tournée del teatro in Italia e all’estero. Ha collaborato e collabora tutt’oggi con Maîtres de ballet ed insegnanti di fama internazionale. Nel 2012, in occasione del bicentenario della nascita della scuola di ballo, si esibisce al Teatro San Carlo, eseguendo il pezzo per pianoforte di Claude Debussy Clair de Lune con il ballerino Domenico Luciani, su una coreografia di Domenic Walsh. Dal 2015 collabora con il pianista Francesco Nastro in un un progetto che prevede l’arrangiamento in chiave jazzistica per due pianoforti delle Danze di Brahms, del Sogno d’amore di Liszt e della Corrente in sol maggiore di Bach e si sono esibiti in alcune manifestazioni importanti, quali Ravello Festival, Napoli Piano City (main concert) ed altre associazioni musicali. Nel 2017 in occasione del Gala Stelle del San Carlo compone un brano dal titolo Senza di te in prima mondiale commissionato ed eseguito dell’etòile di fama internazionale Giuseppe Picone tenutosi presso il Teatro Verdi di Padova. Nel febbraio 2018 viene pubblicato il disco di piano solo La bellezza dell’essenziale dall’etichetta discografica Dodicilune / IRD. Nello stesso anno compone un brano dal titolo Too Much, per i solisti del teatro di San Carlo, all’interno del Gala presso il Teatro Kubiz di Monaco e per il Gran Gala del Teatro Bellini di Napoli. 

Ivano Leva Arrangiatore pianista compositore ed improvvisatore, nasce a Napoli. Si diploma in pianoforte presso il Conservatorio “Lorenzo Perosi” di Campobasso ed in composizione presso il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli sotto la guida di Gaetano Panariello; contemporaneamente si appassiona anche ai linguaggi improvvisativi e frequenta i seminari di Siena Jazz, studiando con Enrico Pieranunzi, Franco D’Andrea e David Liebman. Compositore vincitore di innumerevoli concorsi nazionali ed internazionali, i suoi lavori sono eseguiti da solisti ed ensemble di fama fra i quali Cristiano Rossi, Kenji Fujimura, Trio Anima Mundi, Rochelle Ughetti, Melissa Chominsky, Michele Lomuto. Nel 2012 vince il concorso di composizione Falconio con una composizione da camera scritta su poesia di De Filippo che esegue nella Sala Scarlatti del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli. Nel 2015 la sua composizione Triumviratus si aggiudica il concorso Anima Mundi Composition Prize e viene eseguita dal trio australiano Anima Mundi presso il Performing Art Centre Geelong a Newtown e al Melbourne Recital Centre (Australia). Impegnato da anni in una personalissima fusione fra i linguaggi classici tardo-romantici e l’improvvisazione, ha di recente pubblicato due lavori disografici (L’ala del silenzio – Novatiqua, per piano e quartetto d’archi, e Debussy: La Cathédrale Transfigurée – Da Vinci Classics, per piano ed oboe) distribuiti in tutta Europa ed in Giappone, ai quali ha fatto seguito una densa attività concertistica di presentazione in Francia e in Italia. In occasione di una tournée a Parigi è stato invitato a tenere una masterclass di improvvisazione presso il Consevatoire “Nadia et Lili Boulanger” di Parigi insieme all’oboista Marika Lombardi, con cui stabilmente collabora. Autore di svariate pubblicazioni di carattere musicale e didattico, nel 2015 rilascia in esclusiva mondiale per la Esarmonia Edizioni un volume contenente la rielaborazione per quartetto di archi di alcune Romanze senza parole di Mendelssohn, fino ad allora mai strumentate per questo tipo di ensemble. Nell’ambito della musica per danza collabora con il pianista compositore Nello Mallardo ed il coreografo Edmondo Tucci, curando gli arrangiamenti e le orchestrazioni di Senza di te – eseguito in prima mondiale dall’étoile di fama internazionale Giuseppe Picone presso il Teatro Verdi di Padova – e di Too Much, presentato da Alessandro Staiano ed Anna Chiara Amirante al Kubiz Theater di Monaco ed al Teatro Bellini di Napoli. 

Giusi Giustino Costumi dal 1990 è Costumista e Direttore della Sartoria del Teatro di San Carlo dove ha realizzato i costumi di Norma, Tosca, Lucrezia Borgia, Faust, La colomba ferita, Pulcinella vendicato, Jenůfa, Don Carlo, A Midsummer Night’s Dream, Capriccio (scene di Arnaldo Pomodoro), Candide, Il maestro di cappella e La furba e lo sciocco, collaborando con registi come Crivelli, De Fusco, Guerra, Sparvoli, Livermore, Le Moli, Curran, Mariani, Puggelli. Collabora nel balletto con coreografi come Luciano Cannito (Verklärte Nacht, Carmen, Napoli), Derek Deane (Lo schiaccianoci, La bayadère), Anna Razzi (Pinocchio, Il Guarracino con le scene di Emanuele Luzzati, Sogno di una notte di mezza estate), Giorgio Mancini (Coppélia) e Alessandra Panzavolta (Francesca da Rimini). Numerosi gli impegni con teatri italiani ed esteri, come il Carlo Felice di Genova, il Verdi di Trieste, il Piccinni di Bari, La Fenice di Venezia (I quattro rusteghi di Wolf-Ferrari), il Regio di Torino (Die Entfuhrung aus dem Serail di Mozart), l’Opéra di Montpellier (Sémélé di Marais con Simonet, Eine florentinische tragödie di Zemlinsky e Il segreto di Susanna di Wolf- Ferrari), il “Festival de Radio France et Montpellier” (Bajazet di Vivaldi), lo Staatstheater di Wiesbaden, La Zarzuela di Madrid e i Teatri de La Coruña, Bilbao e Città del Messico. Ha realizzato i costumi per il Signor Goldoni di Luigi Melega e Luigi Mosca, novità assoluta prodotta dalla Fenice di Venezia per il tricentenario goldoniano, con la regia di Davide Livermore. Molto attiva anche nel campo del teatro di prosa, al fianco di registi come Livermore (L’impresario di Smirne), Bolognini (Sogno di una notte di mezza estate), Giuffrè (Natale in casa Cupiello, Il medico dei pazzi), Crivelli (Mese Mariano), Salemme (Cose da pazzi e La gente vuole ridere). Particolarmente intensa la collaborazione con Tato Russo, sia nel teatro di parola che nel musical, genere per il quale si aggiudica diversi premi (“Girulà”, “Napoli Network”, “Oscar World Musical 2002”, “Capri Hollywood”, “Sannio Film Festival”). Nel 2010 ha lavorato con René Koering all’Opéra di Montpellier per Une éducation manquée e La voix humaine, e con Davide Livermore al Regio di Torino ha realizzato i costumi per l’Idomeneo di Mozart e per I vespri siciliani di Giuseppe Verdi. Recentemente ha lavorato con Pippo Delbono per Cavalleria rusticana di Mascagni e Madama Butterfly di Puccini, con Leo Muscato al Festival di Jesi e al San Carlo per La fuga in maschera di Spontini, con Franco Dragone per Aida di Verdi, con Riccardo Canessa per Don Checco di De Giosa, con Michał Znaniecki per Il trovatore di Verdi. 



IL CAST 

Angela De Matteo  coltiva il suo talento versatile sin da giovanissima: si diploma in danza classica e contemporanea per poi perfezionarsi all'Accademia di Montecarlo diretta da Marika Besobrasova e al Broadway Dance Center di New York e studia con il maestro Renato Carpentieri con il quale lavorerà negli spettacoli Il Giardino del teatro, Don Fausto e in A morte ‘e Carnevale per poi essere diretta da altri registi come: Livio Galassi, Tato Russo (L’ultimo scugnizzo, I promessi sposi, Napoli hotel Excelsior e Masaniello) Carlo Cerciello (Guappo di cartone e Don Giovanni ritorna dalla guerra, per il quale, insieme a tutto il cast femminile, viene insignita del premio Girulà) Paolo Zuccari (Quattro, spettacolo vincitore del premio Scenario per Ustica), Nello Mascia (Festa di Piedigrotta) Manuela Cherubini (Bizarra di Rafael Spregelburd) Luciano Melchionna (Ricorda con rabbia) Giancarlo Sepe (Eduardo più unico che raro) e recita accanto a Massimo Ranieri ne L'opera da tre soldi diretta da Luca De Fusco e in Viviani Varietà e Teatro del porto, di Raffaele Viviani, entrambi diretti da Maurizio Scaparro. Al cinema, tra le altre interpretazioni la ricordiamo in Fortapasc di Marco Risi e ne Il giovane Favoloso di Mario Martone. 

Maria Laila Fernandez nata in Argentina, a soli sette mesi si trasferisce con la famiglia in Italia. Approda al teatro passando per la danza (una passione coltivata sin da piccola) e il canto; subito dopo il Liceo frequenta il Corso Biennale di Avviamento per Attori al Teatro Stabile delle Marche, dove conosce il regista Leo Muscato con cui lavorerà da subito ne La Commedia degli Errori, da Shakespeare. Nel 2011 comincia a frequentare la Scuola del Piccolo Teatro di Milano, dove si diploma al Corso Triennale Jean Louis Barrault nel 2014; nello stesso anno vince il PREMIO HYSTRIO ALLA VOCAZIONE e viene scelta da Luca Ronconi per il suo Lehman Trilogy (il testo di Stefano Massini vincitore del Premio Ubu 2015 come miglior spettacolo); a partire dal 2016, intraprende un’assidua collaborazione con Teatri Uniti: è la protagonista del Calderòn di Pierpaolo Pasolini, per la regia di Francesco Saponaro e recita ne Il Servo di Robin Maugham, regia di Andrea Renzi e Pierpaolo Sepe. Nel 2017 è Tamora in Tito, l’allestimento che Gabriele Russo dirige nell’ambito del suo progetto Glob(e)al Shakespeare. 

Crescenza Guarnieri pugliese, studia alla Scuola del Maestro Orazio Costa e, da subito, viene scelta per i ruoli più diversi: da Madonna Capuleti nel Romeo e Giulietta di Gigi Proietti alla signora Birling in Un ispettore in casa Birling, per la regia di Giancarlo Sepe. È diretta da Francesco Zecca in Come tu mi vuoi di Pirandello (accanto a Lucrezia Lante Della Rovere) e in Tutti i miei cari di Francesco Zanni, che la dirigerà anche nel suo testo Tango, insieme a Rolando Ravello. Ricordiamo anche Niente più niente al mondo di Massimo Carlotto, per la regia di Nicola Pistoia. Tra i musical Chorus Line, Brachetti in Technicolor, Serial Killer per signora (per la regia di Gianluca Guidi), La cage aux folles, accanto a Massimo Ghini e Sweet Charity, con Lorella Cuccarini. Molto attiva anche al cinema (la ricordiamo in Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek, Io che amo solo te e La cena di Natale, entrambi di Marco Ponti, con Michele Placido, Riccardo Scamarcio, Luciana Littizzetto e Laura Chiatti) recentemente e stata la madre di Emanuela Orlandi ne La verità sta in cielo, di Roberto Faenza. In tv, ha lavorato in numerose fiction (tra cui Don Matteo e Il giudice Mastrangelo) oltre che in Macao di Gianni Boncompagni. 

Antonella Romano nasce a Napoli nel 1970 e nel 1996 si diploma come attrice all’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Bellini. Da subito comincia ad cimentarsi con i più diversi generi da Simbiosis, de La Fura del Baus, al Filumena Marturano di Cristina Pezzoli, insieme a Isa Danieli. A partire dal 2003 intraprende un’assidua collaborazione con Arturo Cirillo (Mettiteve a fa’ l’ammore cu me di Scarpetta, Don Faust di Petito Le intellettuali e L’Avaro di Moliere , Liolà di Pirandello) e, nel 2005 per il suo L’Ereditiera di Annibale Ruccello vince il Primio Girulà come migliore attrice giovane. Dal 2009 collabora con Rosario Sparno in diversi progetti: La grande magia, La casa di Bernarda Alba, Ria Rosa, fino al recentissimo Le Funambole tratto dal racconto Maruzza Musmeci di Andrea Camilleri. Per completare la sua ricerca attoriale, studia danza contemporanea e danza BUTO, discipline che le fanno approfondire la consapevolezza e la forza dell’espressione corporea. 

Paola Sambo triestina, si diploma alla Galante Garrone di Bologna e poi all’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa. Con Gloria Sapio scrive, dirige e interpreta molti “musical da camera” che girano l’Italia e vengono segnalati ai premi Ubu. È la protagonista femminile di Never Land di Phyllis Nagy, per la regia della stessa autrice. A teatro, lavora con Guido de Monticelli, David Riondino, Patrick Rossi Gastaldi, Michele Placido e sul grande e piccolo schermo con Marco Bellocchio, Margarethe von Trotta, Angelo Longoni, Gianluca Maria Tavarelli, Edoardo Leo. Particolarmente formative le collaborazioni con Giancarlo Sepe e Luciano Melchionna. È al suo terzo spettacolo con la regia di Gabriele Russo, dopo Arancia Meccanica e Il Giocatore. 

Camilla Semino Favro si diploma nel 2008 presso la scuola del Piccolo Teatro di Milano diretta da Luca Ronconi. Da subito, comincia a lavorare al Piccolo Teatro, ma inizia anche una duratura collaborazione con il Teatro dell'Elfo, partecipando ad allestimenti firmati da Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani (Shopping & fucking, Racconto d'inverno, Romeo e Giulietta, Harper Regan e Otello). Lavora con Serena Sinigaglia al Teatro stabile di Torino in 6 Bianca la prima serie teatrale scritta da Stephen Amidon e al Teatro di Roma con Gabriele Lavia (I pilastri della società) e Federico Tiezzi (Calderòn). Nel 2017 è Polina ne Il giocatore riscritto da Vitaliano Trevisan diretto da Gabriele Russo e, subito dopo, Giulia ne I due gentiluomini di Verona diretto da Giorgio Sangati. Al cinema, viene diretta da registi come Nanni Moretti, Daniele Vicari e Francesca Comencini; appare anche in numerosi progetti televisivi. Nel 2009 vince il premio Hystrio alla vocazione e nel 2015 il premio Mariangela Melato. 

Chiara Stoppa nasce a Pordenone nel 1979 e studia recitazione al Piccolo Teatro di Milano, dove si diploma nel 2002. Nel 2008 entra a far parte della Compagnia Atir/Teatro Ringhiera di Milano, diretta da Serena Sinigaglia, con cui, nel 2017, partecipa al progetto Glob(e)al Shakespeare con l’allestimento de Le allegre comari di Windsor. A partire dal 1996 si forma dirigendo spettacoli con attori/bambini e dal 2008 organizza progetti di formazione "Gli spazi del teatro" per bambini, adolescenti e disabili. Dal 2012 insegna teatro nel Nuovo Liceo Artistico di Milano. A teatro, è stata diretta da Luca Ronconi, Gianfranco de Bosio, Giuseppe Patroni Griffi, Giorgio Sangati, solo per citarne alcuni. Grazie a Franca Valeri e Mattia Fabris, gira l'Italia da molti anni con il suo monologo Il Ritratto della Salute che è diventato anche un libro, pubblicato da Mondadori.


Note allo spettacolo

L’ultimo Decamerone
Stefano Massini Autore

Intorno al Decamerone del Boccaccio sono state dette molte cose e altrettante ne sono state scritte. Molte di queste girano intorno a luoghi comuni, paccottiglia scollacciata e florilegi da antologia scolastica. A me premeva soprattutto indagare il suo formidabile valore di riflessione, antica e modernissima, sull'urgenza del narrare, sul ruolo del narrare e sui meccanismi del narrare. Oggi viviamo in una società che è continuamente bombardata di storie, pensiamo, per esempio, quanto il web e i social network entrino continuamente nella nostra vita, con un intrecciarsi di narrazioni multiple, narrazioni istantanee come le fotografie o narrazioni per immagini come i video. E noi, immersi in questo grande mare di storie superflue, molto spesso perdiamo il senso della narrazione. Il Decamerone, viceversa, parte proprio da questo punto: la salvezza, dentro una crisi, sta sempre nel racconto. Infatti, proprio per questo, mi sono immaginato che i dieci personaggi raccontati dal Boccaccio non siano mai usciti dal famoso bunker dove la peste li ha reclusi, e stiano, ormai da anni, continuando a tentare nuove ulteriori traiettorie di racconti. Ad ognuno di loro ho affidato una storia che, pur non facendo parte del Decamerone originario, contiene in realtà, come un patchwork, il mosaico di tutte le novelle che Boccaccio fa raccontare a quel singolo personaggio. In questo modo le dieci storie che compongono la mia drammaturgia sono, in realtà, un grande omaggio al Decamerone sconosciuto, quello estraneo alle cosiddette Greatest Hits che sovente premiano le solite dieci novelle. Non so quali linee privilegerà la regia all'interno di un'opera che, come sempre nel mio caso, ha più il carattere di un materiale che non quello di copione scenico. Ciò che so è che, nel concepire la mia personale indagine dentro il Decamerone, ho privilegiato più che mai le sue asimmetrie, le spigolosità, le contrapposizioni fra amori incongrui, visionari e anarchici, assortendo così, accanto alla riflessione sul narrare, un discorso spietato sull'imprevedibilità dei sentimenti umani. Sono dunque grato a Rosanna Purchia per avermi chiesto di addentrarmi, per la prima volta, dentro la miniera oscura e aurea di un'opera monumentale, estremamente superiore all'immagine stereotipata che, talvolta, abbiamo di essa.


Gabriele Russo Regista
Riproporre il Decamerone oggi, significa affrontare qualcosa che ha una sua precisa connotazione nell’immaginario collettivo e, dunque, rapportarsi a un pubblico che probabilmente ha già un’aspettativa rispetto a quel che vedrà, basata su memorie scolastiche film o spettacoli teatrali che hanno trattato il capolavoro di Boccaccio. In questo caso, però, in scena vedremo L’ultimo Decamerone, un testo completamente originale, con il quale Stefano Massini racconta dieci novelle fatte di riferimenti, citazioni e tradimenti alle cento novelle di Boccaccio. Insomma, un lavoro ben lontano da una lettura filologica dell’opera originale, ai cui temi e atmosfere, però fa ripetutamente riferimento, mediante rimandi e rievocazioni: si evoca una peste che di fatto non vediamo, si evocano novelle che di fatto non vengono narrate e quando vengono narrate si trasformano in altro. Questo è il motivo per il quale, quando ho letto L’ultimo Decamerone immaginandone la messinscena, fra le infinite possibilità che un testo del genere offre, ho sentito che proprio la rievocazione sotterranea – presente nei personaggi, nei narratori e nelle novelle stesse di Massini – fosse la strada da praticare e su cui porre l’accento. È per questo che ho scelto che tutti i personaggi maschili presenti nella scrittura di Massini siano evocati attraverso l’interpretazione di sole donne, restituendo, così, la forte presenza dell’uomo attraverso la sua assenza. Dare centralità all’interpretazione femminile oltre ad essere un ulteriore rimando a Boccaccio – che nel proemio dell’opera, la dedica alle donne – mi ha consentito di realizzare quel gioco che il teatro ci chiama a fare mediante gli attori, anzi, in questo caso, le attrici; inoltre, poiché il testo si gioca sull’alternanza della narrazione con l’azione, scegliere un cast di sole donne mi ha permesso di lavorare sulla rappresentazione più che sull’immedesimazione. Nella logica dell’evocazione, si innesta anche il ruolo del corpo di ballo, la cui azione è parte integrante della drammaturgia: lo considero uno dei personaggi, come se fosse un altro attore, o meglio, un’altra attrice, che interpreta un ruolo sospeso, onirico, quasi immateriale, ma determinante. L’assenza della figura maschile in una moltitudine di storie molto incentrate sull’eros e sul rapporto uomo/donna, si innesta in una logica di capovolgimento rispetto al Decamerone di Boccaccio. Infatti, nel testo originale il raccontare è un rimedio, una fuga dalla peste; nel nostro caso l’urgenza e la necessità di raccontare sembrano aver perso la ragione di esistere, poiché i nostri personaggi vivono in un tempo cristallizzato e in una sorta di bunker dai tempi di Boccaccio e sono costrette a raccontarsi sempre le stesse storie. Ma proprio quando, con le parole, negano il senso ultimo dell’atto della narrazione e cominciano, di malavoglia, a raccontarlo e trasformarlo gradualmente in azione, ne consacrano la necessità e ne riscoprono la vitalità. Ritrovano l’urgenza. Nella narrazione riscoprono la vita stessa e poiché raccontano una vita fatta di ricordi, di citazioni e di uomini che non ci sono più, anche la nostalgia di quel che era diventa più forte. Quando, dunque, cala il silenzio, fra una novella e l’altra, l’esigenza di ricominciare a narrare diventa del tutto irrinunciabile. Ed è qui che troviamo la necessità di raccontare del teatro e dei suoi attori, in continuo bilico fra vita e morte.


Edmondo Tucci Coreografo
Quando Giuseppe Picone ha pensato di affidarmi le coreografie per lo spettacolo L ‘ultimo Decamerone, ero sicuramente entusiasta, ma fu subito chiaro dal primo momento che l’idea di creare uno spettacolo che vedeva al suo interno l’interazione con la prosa, era una operazione difficile, quantomeno un progetto ambizioso che meritava attenzione ed impegno artistico. In seguito, dopo aver conosciuto Gabriele Russo che firma la regia, i dubbi sull’approccio da seguire per creare le coreografie sono svaniti immediatamente. Ho trovato in Gabriele Russo un regista giovane e di talento con il quale da subito si è instaurata una intesa artistica che mi ha permesso di lavorare alle coreografie in modo prolifico ed esauriente. Abbiamo capito insieme che mentre le attrici dovevano recitare il testo di Stefano Massini utilizzando una recitazione istintiva e fluida, i ballerini invece dovevano interpretare la proiezione del loro essere, dei loro sentimenti o semplicemente del loro stato d’animo. Il tutto si svolge in un luogo senza tempo, sospeso in un limbo nel quale attrici e ballerini convivono e si confrontano con le loro paure ed il loro sentire, raccontandosi storie che suscitano stati d’animo che danno a loro volta lo spunto alla danza. Ho lavorato alle coreografie in piena sintonia con il compositore Nello Mallardo e l’arrangiatore Ivano Leva, abbiamo letteralmente dal nulla creato in pieno accordo, ed è stato interessante comprendere quanto sia importante per un coreografo avere l’autore che compone in funzione del gesto coreografico nella piena contemporaneità del tutto. La mia danza, il mio gesto moderno si è sposato così perfettamente con la musica. I ballerini del San Carlo si sono confrontati con un metodo di lavoro diverso, con una danza che presta attenzione alle dinamiche e all’interiorità. La possibilità di far interagire due arti, la recitazione e la danza, è stata una esperienza unica e stimolante che porta in sé il successo stesso del progetto.


Nello Mallardo Compositore
La musica ha sempre rappresentato per me un fondamentale elemento per completare il mio essere. La compagna di tutti i miei giorni, la lingua per potermi esprimere. In questo progetto, fin da subito, è venuta fuori una grande empatia produttiva con il coreografo Edmondo Tucci e con il regista Gabriele Russo. Immediatamente siamo stati uniti da un forte entusiasmo e da un desiderio creativo che ci ha uniti nell’intento di restituire al pubblico un’opera davvero unica nel suo genere. Sono molto entusiasta e grato di questo incarico affidatomi dal direttore Giuseppe Picone. Grazie anche alla preziosissima collaborazione dell’arrangiatore Ivano Leva, siamo riusciti a trovare le atmosfere giuste, che si legassero perfettamente con il testo di Stefano Massini, e che creassero una relazione fluida e armoniosa con la danza. Un fattore molto importante è stato poter comporre con Edmondo musica e coreografie direttamente in sala prove, una sinergia inconsueta nei tempi moderni. Forte di una lunga collaborazione musicale al servizio del Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo, sono andato incontro alle esigenze tecniche di tutti, ed è proprio questo tipo di collaborazione che spiega come la musica riesca a costruire ponti fra tecniche e arti. Naturalmente, Gabriele è stato il timoniere di questa avventura artistica, perché è riuscito a trasmettermi la chiave giusta riguardo alla sua visione di quest’opera. Il mio intento è quello di parlare al pubblico con quella stessa voce con cui la musica ha parlato a me e sono certo che la sincerità artistica di questo progetto arriverà direttamente al cuore di chi lo guarderà.


Giusi Giustino Costumista
Nella penombra di uno spazio scuro sette donne raccontano: sono racchiuse tra le mura umide da sempre, narrano storie di amori e conflitti. I loro abiti non hanno tempo, come il difficile rapporto tra l'universo femminile e il maschile è moderno e antico, come i sentimenti. Durante i racconti appaiono come per magia indumenti e oggetti e le donne si trasformano nel personaggio raccontato. La musica e la danza di corpi appena coperti rafforzano la narrazione e riportano la mente a tradizioni lontane e attuali. Ho scelto, dopo aver visto l'impianto scenico e ascoltato il regista e il coreografo, di ispirarmi al Maestro Burri la cui arte consuma la materia, brucia e buca la tela squarciata a tratti da lampi di rosso, colore della passione, motore della nostra vita. 


ph Mario Spada





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