La barocca "Calisto" di Francesco Cavalli viene eseguita per la prima volta al Teatro alla Scala

CALISTO

Sul podio Christophe Rousset. La nuova produzione è firmata da David McVicar

In scena Chen Reiss, Markus Werba, Luca Tittoto, Federica Guida
e Svetlina Stoyanova

Il 30 ottobre un convegno di presentazione con Christophe Rousset,
Dinko Fabris, Davide Daolmi e Lorenzo Bianconi

(PROVE) La Calisto - ph Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

Va in scena al Teatro alla Scala per cinque rappresentazioni dal 30 ottobre al 13 novembre la terza nuova produzione dell’autunno dopo il grande successo del Barbiere di Siviglia e di Madina: La Calisto di Francesco Cavalli viene eseguita per la prima volta al Piermarini con la direzione di Christophe Rousset e la regia di David McVicar. Il sontuoso spettacolo si avvale delle scene di Charles Edwards, dei costumi di Doey Lüthi, delle luci di Adam Silverman, della coreografia di Jo Meredith e dei video di Rob Vale. Nel ricco cast di cantanti, cui è chiesta accanto alla proprietà stilistica una brillante disinvoltura scenica, spiccano Chen Reiss, Véronique Gens, Olga Bezsmertna, Christophe Dumaux, Luca Tittoto e Markus Werba e le giovani Federica Guida e Svetlina Stoyanova.

Il Barocco ha alla Scala una storia lunga ma discontinua, che solo negli ultimi anni si è consolidata con il successo dei capolavori di Händel: Il trionfo del Tempo e del Disinganno, Tamerlano, Giulio Cesare. La tradizione preclassica italiana tuttavia era rappresentata praticamente dal solo Monteverdi. L’opera è nata in Italia, eppure i capolavori italiani del primo secolo della sua storia sono ancora una rarità d’ascolto sui nostri palcoscenici. Il Teatro alla Scala, su impulso del Sovrintendente Meyer, ha deciso di ampliare il suo repertorio aprendosi ai compositori contemporanei o immediatamente successivi a Monteverdi. Tra loro il suo allievo Francesco Cavalli, pure lui originario del cremonese, ma trapiantato a Venezia come cantore di chiesa, di cui la Scala ha presentato finora solo La Didone nel 2008, ma eseguita dall’orchestra Europa Galante. La Calisto (1651) è insieme tra i suoi più alti raggiungimenti artistici e un perfetto esempio degli stilemi dell’opera eroicomica che presentava insieme personaggi mitologici e popolari in intrecci dai risvolti la cui audacia sarebbe stata bandita dai palcoscenici a partire dal secolo successivo ma soprattutto capaci di parlare al pubblico odierno grazie alla loro sincerità e capacità descrittive, unite alla limpida seduzione della melodia. Il libretto di Giovanni Faustini dalle Metamorfosi di Ovidio racconta come Giove, sceso con Mercurio su una terra sconvolta dal passaggio del carro di Fetonte, concupisca la ninfa Calisto, seguace di Diana, e per conquistarla assuma l’aspetto della Dea, che è invece attratta da Endimione. La gelosa Giunone si vendica crudelmente trasformando Calisto in orsa, ma Giove intenerito la chiama in cielo in forma di costellazione: l’Orsa maggiore.


La fortuna de La Calisto
La Calisto, presentata per la prima volta a Venezia il 28 novembre 1651, senza troppo successo nell’ambito della programmazione inaugurale del Teatro di Sant’Apollinare (Sant’Aponal), dove Faustini era librettista e impresario, ha segnato in tempi moderni un punto di svolta per la rinascita dell’interesse non solo per l’opera veneziana ma per tutta la Early Music. Se i manoscritti di Cavalli erano stati descritti già alla fine dell’ ‘800 da Taddeo Wiel e il ‘900 aveva visto esecuzioni di Didone al Maggio Fiorentino con Carlo Maria Giulini e di Ercole amante con Ettore Gracis e Il Giasone con Marcello Panni alla Fenice, il merito della rinascita internazionale dell’autore va al Festival di Glyndebourne che nel 1970 riporta in scena La Calisto con la direzione di Raymond Leppard e le voci di Ileana Cotrubas e Janet Baker, versione fissata da una registrazione Decca. Da allora La Calisto gode di presenza regolare sui palcoscenici europei, ma la riscoperta ha originato anche un dibattito sull’edizione e sul significato stesso dell’opera. Fortemente attualizzata da David Alden a Monaco nel 1987, nel 1993 l’opera viene presentata in un celebre allestimento di Herbert Wernicke con la direzione di René Jacobs a Bruxelles, mentre in tempi più recenti è Christophe Rousset a imporsi tra gli interpreti di riferimento, prima con l’allestimento di Macha Makeïeff al Théâtre des Champs-Elysées (alla guida del teatro era Dominique Meyer) e poi con quello di Mariame Clément per l’Opéra du Rhin del 2017.

Nel frattempo emergono nella programmazione anche altri titoli, ma soprattutto diversi studiosi cominciano a interessarsi scientificamente al compositore, la cui scrittura essenziale obbliga a importanti completamenti, e a contribuire a diverse edizioni critiche.

La storia esecutiva moderna sottolinea dapprima gli aspetti più libertini e scopertamente erotici del libretto, spesso con risvolti grotteschi evidenziati dalla scelta di affidare a un tenore invece che a un soprano la parte di Linfea (Leppard) o di far interpretare Giove metamorfosato in Diana al baritono che canta in falsetto (Jacobs) invece che al soprano che interpreta Diana. Con il passare degli anni e l’approfondimento degli studi si afferma tuttavia una visione più complessa dell’opera, in cui le libertà personali e sessuali sono solo una parte di una visione filosofica più ampia in cui il libero pensiero si tinge di atmosfere neoplatoniche nella celebrazione della rivoluzione scientifica seicentesca.


Lo spettacolo
Proprio a questa visione aggiornata e consapevole di come la Repubblica di Venezia, in cui andava in scena l’opera, fosse patria e rifugio di libertà personali ma anche filosofiche, scientifiche e politiche, si ispira lo spettacolo di David McVicar. Molti commentatori recenti hanno individuato nella figura del pensatore – e astronomo – Endimione, castamente innamorato di Diana e orgoglioso difensore dell’indipendenza dell’intelletto, un riferimento a Galileo, costretto all’abiura pochi anni prima della prima dell’opera, nel 1633. L’analogia doveva essere evidente agli ascoltatori del Teatro di Sant’Apollinare (un teatro che viveva della vendita dei biglietti ma, per capienza e programmazione, non un teatro popolare) che dovevano essere assai più familiari del pubblico odierno anche con l’antichità classica e in particolare con le Metamorfosi di Ovidio. Nel libretto, oltre alla rivendicazione di libertà e autodeterminazione nella vita personale, incluso un riferimento non solo all’omoerotismo ma in generale alla libertà del piacere femminile, gli spettatori potevano leggere un manifesto dei valori dell’umanesimo, della dignità della conoscenza, dell’origine celeste degli uomini che all’armonia delle sfere sono destinati a ritornare.

L’opera sarà presentata al pubblico il giorno della prima con un convegno di studi curato dal prof. Franco Pulcini cui parteciperanno Dinko Fabris, Davide Daolmi, Lorenzo Bianconi e lo stesso direttore Christophe Rousset.


Sabato 30 ottobre 2021 ~ ore 15-18
Teatro alla Scala ~ Ridotto dei Palchi
CONVEGNO DI STUDI
“Di dolci parolette, lasciva melodia”
La Calisto di Francesco Cavalli e l’opera veneziana del Seicento
Christophe Rousset, Eseguire un’opera di Cavalli: tentazioni, trappole e autenticità
Davide Daolmi, La castità trionfante. Una chiave per ‘Calisto’ di Cavalli–Faustini
Dinko Fabris, Calisto e le origini dell’early opera revival del Novecento
Lorenzo Bianconi, Pretesti mitologici nell’opera eroicomica
Moderatore Franco Pulcini

Ingresso libero fino a esaurimento posti

In diretta streaming sul sito www.teatroallascala.org,
sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Teatro







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