25 anni fa, il 6 gennaio, scompariva Rudolf Nureyev
LA SCALA RICORDA NUREYEV
Dalla sua prima apparizione nel 1965, accanto a Margot Fonteyn in Romeo e Giulietta, la Scala ha avuto innumerevoli occasioni per poter acclamare Rudolf Nureyev, come interprete di balletti memorabili con altrettanto memorabili partnership artistiche, e di poter custodire in repertorio i titoli da lui coreografati.
Nell’anno che segna l’ottantesimo anniversario della nascita e il venticinquesimo dalla scomparsa, la Scala e il suo Corpo di Ballo omaggeranno la memoria del geniale ballerino e coreografo, la carismatica personalità e la inimitabile valenza artistica in due programmi all'interno della nuova stagione appena inaugurata: Serata Nureyev il 25, 26 e 29 maggio (con una recita, il 24, a favore della Fondazione Francesca Rava N.P.H Italia Onlus), che vedrà in scena anche le nostre étoiles, Svetlana Zakharova e Roberto Bolle, e i guest internazionali Marianela Nuñez e Vadim Muntagirov, entrambi principal del Royal Ballet, in un programma che ripercorrerà alcuni dei ruoli che Nureyev ha reso indimenticabili, e titoli in cui ognuno ritroverà il ricordo del danzatore e del coreografo più caro e indelebile, per proseguire a luglio con sei rappresentazioni, dal 10 al 18, di Don Chisciotte, uno dei veri cavalli di battaglia della compagnia recentemente acclamato nel 2016, anno che coincideva con il 400 anniversario della morte di Cervantes, in Scala e nella tournée a Tokyo, per i 150 anni dell’apertura delle relazioni diplomatiche tra Italia e Giappone.
Con la sua frizzante energia, con i caldi colori dell’allestimento di Raffaele Del Savio e Anna Anni, il Don Chisciotte di Rudolf Nureyev, in repertorio alla Scala dal 1980, quando Nureyev ne fu protagonista accanto a Carla Fracci, trasporterà il pubblico con freschezza, allegria, virtuosismi e ricchezza coreografica in una Spagna affascinante, tra danze di gitani, fandango, matadores, mulini a vento e il candore sospeso del giardino delle Driadi.
On line sul sito della Scala le schede delle produzioni:
Al link
24*, 25, 26, 29 maggio 2018
Serata Nureyev
Omaggio per l’ottantesimo anniversario della nascita
e per il venticinquesimo anniversario della scomparsa di Rudolf Nureyev
Étoiles
Svetlana Zakharova
Roberto Bolle
Artisti ospiti
Marianela Nuñez - Vadim Muntagirov
Direttore David Coleman
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala
* Serata a favore della Fondazione Francesca Rava N.P.H Italia Onlus
10, 11, 13, 16, 18 luglio 2018
Ludwig Minkus
Don Chisciotte
Coreografia Rudolf Nureyev
Orchestrazione e adattamento John Lanchbery
Scene Raffaele Del Savio
Costumi Anna Anni
Supervisione ai costumi Irene Monti
Luci Marco Filibeck
Direttore David Coleman
Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala
Con la partecipazione degli Allievi della
Scuola di Ballo dell'Accademia Teatro alla Scala
Scuola di Ballo dell'Accademia Teatro alla Scala
Produzione Teatro alla Scala
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Il Divo alla Scala
La «prima volta» di Rudy alla Scala porta la data del 9 ottobre 1965, quando anche il pubblico milanese poté finalmente vedere da vicino quel ballerino russo di cui tutti i giornali parlavano con entusiasmo e curiosità. Quella sera (di cui negli archivi della Rai di Milano restano come testimonianza alcune immagini in bianco e nero) a calcare il magico palcoscenico in Romeo e Giulietta, insieme al ballerino russo, scappato all’improvviso dopo una tournée dall’aeroporto di Le Bourget, c’era Margot Fonteyn, la Lady del balletto inglese.
Il 16 settembre 1966 Nureyev danzava con la Fonteyn il romantico “pas de deux” Margherita e Armando creato nel 1963 per la celebre coppia da Frederick Ashton, basandosi sulla Signora delle camelie di Dumas, una Traviata ridotta all’essenziale che non sfruttava la musica di Giuseppe Verdi, bensì brani pianistici di Liszt orchestrati da Humphrey Searle.
Qualche giorno dopo, il ballerino si presentava al pubblico per la prima volta anche come coreografo-riproduttore della Bella addormentata, con Carla Fracci, una versione sontuosa e imponente del famoso balletto, che contrastava non poco con l’originale del Kirov.
Il 27 dicembre 1970, in seguito ad alcune polemiche insorte tra il divo e il Corpo di Ballo, alcuni fans scrissero una accorata lettera all’allora sovrintendente Ghiringhelli: «Non bisogna dimenticare che Nureyev ha elargito ai nostri ballerini una somma impagabile di insegnamenti, sia sul piano della tecnica sia su quello del comportamento professionale, inteso come dedizione all’arte e desiderio spasmodico di perfezionamento. Chi potrà mai dimenticare gli scroscianti applausi a scena aperta alle presentazioni anche del solo Corpo di Ballo nello Schiaccianoci, una cosa che non si verifica che raramente?».
Con Luciana Savignano, nel 1968, c’è stata un’unica occasione di lavoro comune, in Poema dell’estasi, per la coreografia di Roland Petit, mentre l’anno successivo è ancora la Fonteyn a inaugurare la stagione autunnale di balletti con Giselle, un balletto che Nureyev danzerà poi alla Scala con regolarità.
Trionfale, fra le altre, l’edizione del 1971, come si evince dalle cronache di quei giorni: «Questa vecchia Giselle ci manda a casa felici di aver respirato danza», scrive Lorenzo Arruga sul «Giorno».
Sempre con Carla Fracci, è del 1974 Il lago dei cigni, mentre è con il successo (nello stesso anno) dello struggente pas de deux maschile Chant du compagnon errant di Maurice Béjart che Nureyev mostra al pubblico milanese un’altra «faccia», quella più moderna, della sua complessa personalità di artista, assetato di nuove, stimolanti esperienze coreografiche.
Nel 1980 Rudolf Nureyev viene invitato a Milano per allestire Romeo e Giulietta (al quale è legata l’ultima trionfale tournée del ballo al Metropolitan di New York), versione rimasta anche negli archivi cinematografici della Scala grazie alla produzione televisiva della Rai e alla successiva riedizione in home video della De Agostini.
Nello stesso anno viene anche ripreso Lo schiaccianoci, impreziosito dalla presenza del ballerino nel doppio ruolo di Drosselmeyer (il genio benefico) e del Principe che ne è la naturale proiezione nei desideri di Clara.
Ma nella stessa stagione debutta per la prima volta alla Scala anche Don Chisciotte, una “prima” accompagnata da polemiche e diatribe, che però, come spesso accade alla Scala, riescono ad aggiungere ulteriori aspettative nel pubblico la sera della “prima”. La versione firmata da Nureyev (che si trova ripresa in video nell’interpretazione dell’Australian Ballet) viene contestata da una parte della critica (che le preferisce l’originale di Marius Petipa) e apprezzata da chi ne distilla l’aura di sogno «alla Cervantes» e riconosce nella bellissima scenografia di Nicholas Georgiadis i colori e le atmosfere di Goya e Daumier. Per se stesso (poi per Patrick Dupond e Julio Bocca) Rudy si ritaglia il ruolo di un Basilio arrogante e scanzonato che ha forse perso il suo smalto tecnico-virtuosistico, come sottolinea, fra gli altri, Alberto Testa nella sua recensione («La Repubblica», 26/9/1980) ma che illumina comunque il palcoscenico accanto a Fracci-Kitri, alla sua prima prova nel personaggio dell’innamorata.
Nel 1988, quando viene invitato alla Scala per danzare La Silfide, nella riproduzione di Bournonville realizzata da Flemming Flindt, Nureyev ha cinquant’anni: tra il pubblico serpeggiano
le prime critiche, i dubbi e i pettegolezzi sulla forma sempre meno smagliante del ballerino.
Milano, dunque, non ama più Rudolf Nureyev? È questa la domanda che si pongono giornalisti e addetti ai lavori quando nel 1989, per la prima rappresentazione di The Lesson di Flemming Flindt al Teatro Lirico, il sipario si apre su una platea semivuota.
Nonostante il disappunto, Nureyev dà al pubblico e ai ballerini della Scala un’altra lezione di stile, interpretando in modo perfetto il personaggio nevrotico e demoniaco dell’insegnante di danza che, dopo aver erudito le sue allieve, le uccide.
L’ossessione di danzare, di rimanere un punto fermo nella storia della danza era per lui un sentimento invalicabile da qualunque critica. Anche negli ultimi anni Nureyev ha esibito, con assoluta spudoratezza, la sua vecchiaia precoce come uomo e come ballerino: aveva ansia di vita, una nevrosi che lo ha portato a danzare «fino all’ultimo respiro». «Voglio smettere ma Dio non mi lascia», scriveva Vaslav Nijinskij nel suo diario. E Rudy, come se inconsapevolmente rivivesse il mito del suo grande predecessore, poco prima di morire ha detto: «La vita è sempre una marcia in avanti, finché una mano più potente non ti ferma».
Quella mano è arrivata, inesorabilmente eppure dolce, dopo averlo accarezzato in una lenta agonia durata mesi e contro la quale Rudy il Tartaro ha lottato come un leone ferito fino al 6 gennaio 1993.
Alla Scala restano i suoi balletti: ai ballerini, l’esempio, irripetibile, di un uomo che, soggiogato da un patto faustiano, alla danza e alla libertà aveva venduto la sua anima.
Da un testo di Paola Calvetti
Nel programma di sala del Teatro alla Scala
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