"Lenz Fondazione" ci introduce in una meditazione di fronte al mistero del Principio

IN PROVA → LA CREAZIONE
visual - performing - arts


Lenz Fondazione è tra i vincitori del progetto Vivere all’italiana sul palcoscenico, promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale - Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese in collaborazione con la Direzione Generale Spettacolo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, volto a valorizzare le progettualità artistiche innovative italiane. 

Maria Federica Maestri e Francesco Pititto in queste settimane dirigono Valentina Barbarini e il soprano Debora Tresanini in una meditazione di fronte al mistero del Principio, immersi nell'opera di Franz Joseph Haydn - Die Schöpfung - e nelle scritture sonore di Andrea Azzali.

Antiche eloquenze oscure, evocazioni romantiche di una natura perduta, folgorazioni scientifiche contemporanee, compongono il grande affresco di pitture e stati sensitivi de La Creazione, scrittura performativa, sonora e per immagini ispirata ai testi della Genesi, dei Salmi e al poema Paradiso perduto di Milton.




Visioni e parole che procedono per lampi di memoria rovesciata: dal versetto 27 che conclude il primo racconto della Genesi biblica 'E Dio creò l'uomo a sua immagine' al primo versetto 'In principio Dio creò il cielo e la terra'. Un back movement interpretato da due figurazioni sceniche, la Teologa e la Scienziata, chiamate a provare l'esistenza dell'Uno iniziale e a trovarne tracce residue nel presente creativo.





IMAGOTURGIA DELLA CREAZIONE

Le immagini riportano un tempo che implode, come l’angelo che ci guarda precipitando all’indietro o cadendo verso l’alto, come le galassie che si mostrano com’erano un tempo di miliardi di anni fa, come un capovolgersi della linearità che procede verso l’apparire del primo volto, dal caos del primo giorno.

Prima il volto, poi un’alba capovolta che è già tramonto, la prima materia filiforme, i primi vegetali, i primi vertebrati, la vita che inizia a volare, la creazione del primo uomo e della prima donna, il volo degli angeli beati e quello degli angeli caduti.

Poi il ritorno, la ricaduta nel liquido amniotico, dentro una pancia calda e nutriente di uno spazio materno che tutto risucchia, riduce, concentra. Fino a quel punto nero, sempre presente in ogni macro o microcosmo di atomi cadenti, in ogni istante vitale, fino alla dimensione incalcolabile prima del nuovo inizio. Di nuovi universi.

Sono immagini già presenti, già nate, tra il milione di miliardi di sinapsi del cervello, come tra le somiglianti miliardi di galassie e stelle dell’universo, interconnesse e rapide, sovrapposte sequenze sfuocate che ingoiano l’agire dal vivo di canto e parola.

Immagini cristallo dentro una bolla di senso, dentro un inizio di tutti gli inizi, come una contemporanea Rosebud wellsiana di memoria infinita.

Il doppio velo trasparente e semicircolare della scena ospita l’immagine, la contiene e la curva come lo spaziotempo si piega alla massa dei corpi, nella scena quadridimensionale dove il tempo fluttua tra un prima e un dopo, e insieme materia e immagine fluttuano tra passato e presente.



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