L'esilarante tradizione dei Legnanesi conquista nuovamente Lodi


Per Lodi l’arrivo dei Legnanesi è una tradizione ben consolidata nel tempo, irrinunciabile nell’omaggiare le case di ringhiera e i sopravvissuti cortili lombardi, portando in scena gli usi e i costumi locali alla ricerca di un linguaggio in cui i lombardi si identificano al meglio.

Dopo il tutto esaurito al Teatro della Luna di Assago (Milano) e nelle numerose date della tournée invernale, è partita quella estiva con lo spettacolo “Guai a chi ruba” che grazie all’ospitalità di “Altamarea Produzioni” (l’agenzia di spettacolo e di organizzazione di eventi, divenuta un punto di riferimento per chi lavora nel mondo dello show) fondata da Alberto Ferrari, ha regalato al numeroso pubblico l’ennesimo successo dei Legnanesi per un evento sempre molto atteso nel capoluogo lodigiano.

Sul palcoscenico dell’Auditorium BPL per due rappresentazioni, le scene, i costumi, i colori, gli abiti della Mabilia e le spassose battute hanno strappato molteplici applausi a scena aperta e tanto buonumore con la Famiglia Colombo, alias Antonio Provasio (Teresa), Enrico Dalceri (Mabilia), Italo Giglioli (Giovanni), Giovanni Mercuri (Mistica e l'avvocato), Danilo Parini (giudice), Giordano Fenocchio (fattorino), Maurizio Albè (Carmela), Mauro Quercia (Fiorella) e gli altri personaggi in un testo scritto da Mitia Del Brocco per la regia di Antonio Provasio che unitamente consolidano tradizione ed innovazione.

Nella commedia vengono riproposti i personaggi tipici del territorio lombardo i quali narrano le loro vicissitudini, mediante la vita di paese nelle corti, proponendo esilaranti siparietti grazie alle straordinarie maschere, entrate di diritto nell’immaginario collettivo, a partire da quella della Teresa, del Giovanni, e della sfavillante Mabilia. Uno spettacolo in cui la genuinità si ricollega al ricordo dei celebri fondatori Felice Musazzi e Tony Barlocco, indimenticati protagonisti nei primi ruoli.

La rivista, come sempre strizza l’occhio al passato mantenendo una porta aperta sul nostro presente, un “viaggio dialettale” tra improbabili adozioni, doppi sensi, sparizioni di oggetti, surreali direttori di banca ed esilaranti analisti chimici, e un secondo tempo trascorso tra le mura del Tribunale con altrettanti surreali avvocati e giudici. Come sempre nel finale arriva la riconciliazione condita da un umorismo schietto, spontaneo ed immediato che non tralascia mai un fondo di verità di carattere sociale, politico e umano.

Il sipario si apre sul classico cortile che ospita la famiglia Colombo... Crescere in una famiglia tradizionale di sani principi oggigiorno è una grande fortuna: lo sa bene Mabilia che, consapevole di questo privilegio, partecipa ad un concorso di beneficenza aggiudicandosi “l’adozione temporanea” di un ragazzo problematico, ma dal carattere incredibilmente travolgente. Ed è proprio così che Carmine (alias il bravissimo Maicol Trotta) entra a far parte della famiglia Colombo, travolgendo tutti... Il compito di Teresa e Giovanni sarà quello di reinserire il ragazzo in società fornendogli le basi solide e i principi morali essenziali per vivere onestamente, mentre quello di Mabilia di vestire i panni di “sorella maggiore”. Ma si sa che le abitudini sono dure a morire e, per colpa di una bravata commessa da Carmine, nella seconda parte dello spettacolo i tre Colombo si ritroveranno ben appunto catapultati in un’aula di giustizia a “discolparsi” per qualcosa che non hanno commesso, soprattutto il Giovanni che, con grande felicità di Teresa, rischierà addirittura la galera! Ma, quando tutto sembra degenerare, la situazione si trasforma, portando lo spettatore a riflettere sul 7° comandamento.

Con ritmo serrato emerge anche la proverbiale arte dei Legnanesi di improvvisare e di interagire con la platea, senza perdere l’occasione di lanciare sagaci frecciatine alle debolezze della quotidianità. A chiusura sulle note di una canzone interpretata da Danilo Parini “la passerella” ha presentato via via gli attori senza maschera, dimostrando ancora una volta che il teatro è una necessità, è un atto d'amore, un gioco quale riflesso dell’umanità.

Applausi a tutti dal pubblico lodigiano che ancora una volta ha confermato l’affetto e la simpatia che nutre verso una tra le Compagnie più longeve del panorama teatrale italiano che riesce stagione dopo stagione a stare sempre al passo coi tempi, rimanendo fedeli a sé stessi.

Michele Olivieri

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