Ritorno all’opera: la Traviata di Zubin Mehta alla Scala con i costumi di Dolce&Gabbana
Traviata di Zubin Mehta alla Scala
L’attività operistica al Piermarini riprende con il capolavoro di Verdi
in forma di concerto con le voci di Marina Rebeka, Atalla Ayan e Leo Nucci
Dolce&Gabbana firmano gli abiti di Violetta e di Flora
PROVE de La Traviata, foto Brescia-Amisano, Teatro alla Scala |
Dal 15 settembre La traviata di Giuseppe Verdi eseguita in forma di concerto apre il cartellone operistico d’autunno con una dedica particolare del M° Zubin Mehta.
“Sono ben consapevole - scrive il Maestro - di quanto siano stati terribili i momenti che tutti a Milano e alla Scala hanno passato negli ultimi mesi e sono molto felice che i miei colleghi abbiano il coraggio e la forza di riaprire questo grande Teatro per permettere a tutti di tornare ad ascoltare musica meravigliosa. In questa difficile situazione auguro al nuovo Sovrintendente Dominique Meyer tutto il meglio e tanto successo".
La traviata segue i due grandi appuntamenti simbolici con cui Riccardo Chailly ha rilanciato l’attività del Teatro: la Messa da Requiem di Verdi in Duomo e la Sinfonia n° 9 di Beethoven a riaprire le porte del Piermarini.
All’attesa per la direzione del Maestro Mehta si aggiunge il prestigio di un cast d’eccellenza, a cominciare dalla protagonista, Marina Rebeka, che è oggi tra le voci di soprano più richieste dai teatri di tutto il mondo: ha cantato la parte di Violetta tra l’altro alla Wiener Staatsoper, al Metropolitan di New York e all’Opéra di Parigi prima di interpretarla alla Scala - dove aveva debuttato nel 2009 come Contessa di Folleville nel Viaggio a Reims - nelle riprese dello spettacolo di Liliana Cavani dirette da Myung-Whun Chung nel 2019. Tra i prossimi impegni spicca la parte di Desdemona nell’Otello diretto da Zubin Mehta all’Opera di Firenze.
Accanto a lei Alfredo è Atalla Ayan, che alla Scala è stato Nemorino con la direzione di Fabio Luisi nel 2015, e che è tra i più apprezzati interpreti della parte nei teatri di tutto il mondo: nei primi mesi del 2021 è n cartellone al Metropolitan di New York, alla Staatsoper di Amburgo e alla Semperoper di Dresda.
Nella stagione della ripartenza scaligera non poteva mancare Leo Nucci, che è stato tra i volti e le voci più identificative degli ultimi decenni di storia scaligera: come Germont lo ricordiamo nel 2007 con Lorin Maazel, nel 2017 con Nello Santi e nel 2019 con Myung-Whun Chung.
Dal debutto nel 1962, il Maestro Mehta, che è considerato tra i più autorevoli interpreti verdiani del nostro tempo, ha diretto solo tre opere di Verdi alla Scala: Il trovatore nel 1978, Jérusalem per l’anno verdiano nel 2001 con i complessi della Wiener Staatsoper e Aida nel 2015, oltre alla Messa da Requiem nel 2016. Tanto maggiore è l’interesse per la sua lettura de La traviata, opera che ha diretto in numerose occasioni e inciso nel 1993 con i complessi del Maggio Fiorentino, Kiri Te Kanawa e Alfredo Kraus.
Zubin Mehta tornerà sul podio scaligero per due concerti per la Stagione Sinfonica: il 29 e 30 settembre e il 1 ottobre dirigerà i Vier letzte Lieder e Ein Heldenleben di Richard Strauss, soprano Camilla Nylund; il 14, 16 e 17 ottobre sui leggii tornerà la Sinfonia n° 3 di Gustav Mahler con il contralto Daniela Sindram, il Coro Femminile del Teatro alla Scala e il Coro di Voci Bianche dell’Accademia.
L’opera sarà eseguita con un solo intervallo tra il primo e il secondo quadro del II atto. Il servizio bar sarà attivo solo nell’intervallo. Per evitare code e assembramenti alle casse gli acquirenti del biglietto riceveranno un link per la prenotazione online delle consumazioni.
Gli abiti di Marina Rebeka, interprete di Violetta, e di Chiara Isotton, interprete di Flora, sono stati appositamente creati da Dolce&Gabbana che confermano così la loro passione per il mondo dell’opera e il loro legame con il Teatro alla Scala di Milano.
Tosca diretta da Riccardo Chailly nell’allestimento di Davide Livermore e La traviata diretta da Zubin Mehta nello spettacolo storico di Liliana Cavani avrebbero dovuto segnare il grande ritorno del Teatro alla Scala in Giappone con otto recite d’opera tra Bunka Kaikan e NHK di Tokyo dal 15 al 27 settembre. Dopo l’annullamento della tournée a causa della pandemia, La traviata arriva a Milano con il medesimo cast, mentre il M° Chailly tornerà sul podio con Aida dal 6 ottobre.
Per la Scala, La traviata è un titolo di assoluto riferimento, già dalla prima esecuzione che avvenne il 29 dicembre 1859. Erano passati sei anni dal turbolento esordio dell’opera alla Fenice di Venezia, e il pubblico milanese respinse l’opera con eguale veemenza giudicandola mal rappresentata e cantata, troppo intima per i vasti spazi del palcoscenico scaligero e, soprattutto, troppo scabrosa.
Si leggeva sulla Perseveranza: “La questione se l’arte possa raggiungere l’espressione esclusiva di certi sensi intimi ed anormali, se possa figurare il dramma di famiglia nelle sue prosaiche obbiettività, è troppo complessa per poterla risolvere qui sui due piedi: io credo troppo all’efficacia espressiva della musica, alla sua infinita potenza, per ammettere esclusioni”.
La storia diede ragione alla Perseveranza e torto al pubblico scandalizzato e tumultuante, ma il cammino non fu lineare: nel corso dell’Ottocento seguirono solo altre sei produzioni. Vendicatore dell’espressione dei “sensi intimi ed anormali” fu Arturo Toscanini, che diresse l’opera nel 1923, 1925, 1926 e 1928 facendone un titolo del repertorio corrente, ripreso negli anni seguenti da Marinuzzi, Serafin e De Sabata.
Nel 1948 a firmare la regia è Giorgio Strehler, al suo secondo titolo alla Scala dopo L’amore delle tre melarance. Ma è nel 1955 che La traviata torna a segnare uno spartiacque nella storia del teatro musicale, con l’allineamento astrale della direzione di Carlo Maria Giulini, la regia realista e postdatata rispetto al libretto di Luchino Visconti, le sontuose scene pittoriche di Lila de Nobili e un cast in cui l’oggettiva grandezza di Giuseppe Di Stefano e Ettore Bastianini è sovrastata dalla sconvolgente verità drammatica di una Maria Callas che usa le sue molte voci per disegnare un personaggio senza precedenti.
Anche questa volta brontolii per la volgarità di una scarpa lanciata, per un cappellino indossato al momento sbagliato, per le diseguaglianze di una voce fin troppo espressiva, ma in definitiva un trionfo per lo spettacolo a oggi più celebrato della storia della Scala.
Tanto da inibire i successori: il tentativo di riportare l’opera in scena nel 1964 cade sotto l’indignazione del pubblico, nonostante i nomi coinvolti fossero quelli di Herbert von Karajan, Franco Zeffirelli e Mirella Freni, e per quasi tre decenni si ritiene prudente non riprovarci.
A Riccardo Muti il compito di rompere l’incantesimo, nel 1990, nell’ambito di un progetto complessivo di proposta delle opere di Verdi “secondo partitura”.
Protetto dalle contestazioni all’impianto scenico da un allestimento curatissimo, opulento e cinematograficamente tradizionale di Liliana Cavani, Muti gioca la carta delle giovani voci e porta in scena Tiziana Fabbricini, Roberto Alagna e Paolo Coni, ardenti e immedesimati.
Il successo è tale da aprire la porta a innumerevoli riproposte, prima con lo stesso Muti, poi con Lorin Maazel, Carlo Montanaro, Nello Santi, Myung-Whun Chung e le voci, tra le altre, di Andrea Rost, Angela Gheorghiu, Mariella Devia, Anna Netrebko fino ad Angel Blue.
Ma nel frattempo l’opera di Verdi prende ancora una volta in contropiede le aspettative: il 7 dicembre 2013, con la direzione di Daniele Gatti e una prova superba di Diana Damrau, va in scena la versione contemporanea firmata da Dmitri Tcherniakov in cui il dramma di famiglia torna a essere mostrato, come aveva scritto la Perseveranza un secolo e mezzo prima, “nelle sue prosaiche obbiettività” suscitando come la prima volta il fuoco di fila del pubblico.
Potenza inesauribile di Verdi, La traviata non smette di commuovere e di colpire.
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